ARCHEOLOGIA PREVENTIVA

Ci occupiamo della redazione di relazioni di verifica preventiva dell'interesse archeologico in sede di progetto preliminare, secondo le normative riportate nell'art. 25 del Codice degli Appalti.

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I nostri servizi archeologici comprendono assistenza agli scavi e alla movimentazione terra, scavi archeologici preventivi, lettura archeologica dei carotaggi, ricognizioni archeologiche di superficie.

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ARCHEOLOGIA PREVENTIVA

Archeologia Preventiva è impegnata nel campo dell'archeologia a livello nazionale per Enti Pubblici e Privati, attraverso la sinergia di più professionisti specializzati in vari settori, le cui conoscenze garantiscono un alto livello di qualità delle nostre realizzazioni.

Tutti i nostri servizi sono sviluppati attraverso metodologie innovative e mediante softwares e strumentazioni di alto profilo tecnologico, i quali rendono le operazioni più veloci e di conseguenza permettono di offrire ai nostri clienti tempi brevi di lavorazione a costi competitivi.

Fattori entrambi importanti soprattutto in ambito urbano dove la velocità deve coniugarsi con una elevata professionalità, al fine di non danneggiare o perdere informazioni in relazione al nostro ricchissimo patrimonio archeologico e garantire alle aziende operanti sul cantiere il proseguimento dei lavori senza ritardi.

  • Assistenza archeologica
  • Relazioni valutazione di rischio archeologico (VIARCH)
  • Scavi archeologici urbani, extraurbani e di emergenza
  • Saggi archeologici preliminari
  • Lettura stratigrafica degli elevati
  • Disegno e schedatura reperti archeologici
  • Ricognizioni archeologiche
  • Ricerche storiche d'archivio
  • Sviluppo itinerari turistici e valorizzazione territoriale
  • Carte e guide archeologiche
  • Elaborazioni cartografiche in ambiente GIS

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12. ‐ FASE CONCLUSIVA DEL PROCEDIMENTO DI ARCHEOLOGIA PREVENTIVA [ARTICOLO 96, COMMA 2, LETTERE A), B), C) DEL CODICE DEI CONTRATTI].

12.1. ‐ Il procedimento di cui all’articolo 96, comma 1, lettere a) e b), del Codice dei contratti si conclude, a termini del medesimo articolo 96, comma 2, con “…la redazione della relazione
archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente”. La detta relazione deve contenere una descrizione analitica delle indagini svolte e dei risultati ottenuti. Essa integra il progetto definitivo e/o esecutivo dell’opera pubblica. La norma non indica il responsabile della redazione di detta relazione. E’ tuttavia da ritenersi che
essa debba essere redatta, sulla base della documentazione di scavo, dal funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, anche in considerazione del fatto che detto documento è destinato a contenere proposte per le prescrizioni di tutela di competenza del Soprintendente Archeologia. Il responsabile dell’istruttoria, per stendere la relazione, deve poter disporre della necessaria documentazione di scavo. A questo proposito si ritiene opportuno che negli accordi con la stazione appaltante o il soggetto proponente di cui al precedente paragrafo 10.2 siano inserite specifiche clausole in merito ai tempi di consegna, da parte dei soggetti che hanno effettuato le indagini sul terreno per conto della stazione appaltante o del soggetto proponente, degli elaborati necessari per la stesura della relazione definitiva, tempi che non possono essere inferiori a trenta giorni e, di norma, superiori a centoventi giorni, decorrenti dalla data di ultimazione delle indagini archeologiche. La Soprintendenza ha facoltà di richiedere consegne intermedie in base alla complessità e tipologia dell’opera. Il responsabile dell’istruttoria, presa visione del materiale ricevuto, può chiedere integrazioni, entro venti giorni dalla ricezione dello stesso, se lo ritiene incompleto o comunque insufficiente per la redazione del documento finale. La documentazione integrale di scavo, da stampare sia su carta sia su supporto digitale, secondo i formati definiti dal MiBACT, deve essere consegnata alla Soprintendenza entro sei mesi dal termine delle indagini archeologiche, salvo motivate richieste di proroga.
Il Soprintendente Archeologia, approvata la relazione predisposta dal funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, esprime il parere di competenza sul progetto dell’opera pubblica,
informando contestualmente il Direttore generale Archeologia e, per gli eventuali profili di competenza, il Segretario regionale MiBACT ed eventuali, ulteriori amministrazioni pubbliche
aventi competenza nell’iter autorizzativo dell’opera pubblica. L’articolo 96, comma 2, del Codice dei contratti distingue tre tipologie di esiti del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, ciascuna caratterizzata da differenti soluzioni, da sviluppare nella suddetta relazione:
a) contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela;
b) contesti che non evidenziano reperti leggibili come complesso strutturale unitario, con scarso livello di conservazione, per i quali sono possibili interventi di rinterro oppure
scomposizione/ricomposizione e musealizzazione in altra sede rispetto a quella di rinvenimento; c) complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata che in forma contestualizzata, mediante l'integrale mantenimento in situ.

Nella fattispecie di cui alla precedente lettera a) la Soprintendenza Archeologia, completate le indagini previste, rilascia il parere concludendo il procedimento per quanto di competenza, dopo aver accertato, a seguito dello scavo esaustivo dei depositi archeologici, l'insussistenza di elementi tali da richiedere l’avvio di ulteriori indagini.
Nel corso delle indagini è possibile che si debba procedere ad interventi di rimozione/demolizione ai sensi dell’articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In tal caso, sulla scorta di apposita e motivata relazione del funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, il Soprintendente, se ritiene ineludibile l’intervento di demolizione/rimozione, relaziona, per iscritto, alla Direzione generale Archeologia e al Segretario regionale, il quale convoca la Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente per il rilascio della relativa autorizzazione, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. n. 171/2014. La durata di tale procedimento amministrativo è stabilita in 180 giorni, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del d.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231, e dell’annesso Allegato 1, procedimento n. 3. In casi di documentata e motivata urgenza, il Soprintendente Archeologia può anche autorizzare direttamente gli interventi di rimozione/demolizione, dandone comunicazione, al contempo, alla Direzione generale Archeologia e al Segretario regionale. Qualora si debba procedere alla rimozione di strutture, la rimozione sarà attuata secondo modalità di scomposizione controllata con metodologia stratigrafica. Nella relazione archeologica
definitiva le decisioni assunte dall’Amministrazione BACT saranno supportate da adeguate motivazioni. Ovviamente, ulteriori eventuali scoperte fortuite implicheranno l'intervento della Soprintendenza in conformità alle prescrizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio e del Codice dei contratti. In ogni caso sussiste l’obbligo, a carico dello scopritore, di immediata segnalazione di eventuali rinvenimenti alle competenti autorità e di conservazione delle testimonianze rinvenute, secondo il disposto degli articoli 90 ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio. La fattispecie di cui alla precedente lettera b) riguarda i casi in cui è opportuno che le strutture rinvenute a seguito delle indagini condotte siano rinterrate oppure smontate/rimontate e musealizzate. Condizione prevista dalla legge per poter adottare tali diversificate soluzioni è la “scarsa conservazione” dei beni e “l’assenza di reperti leggibili come complesso strutturale unitario”. Nella relazione archeologica definitiva devono essere descritti e documentati i beni rinvenuti, con particolare riferimento al loro stato di conservazione e alla presenza o meno di un complesso con caratteristiche di unitarietà. Dovranno inoltre essere proposte le più opportune prescrizioni di tutela, che, approvate dal Soprintendente, confluiranno nel parere di competenza rilasciato sul progetto. In caso di ricopertura dei beni rinvenuti, il Soprintendente prescrive direttamente alla stazione appaltante o al soggetto proponente le modalità operative per tale attività. Nei casi in cui si ritenga necessario prevedere interventi di scomposizione/ricomposizione e musealizzazione, si rammenta che il rilascio dell’autorizzazione per tale specifico intervento è di competenza della Commissione regionale per il patrimonio culturale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. n. 171/2014. La durata di tale procedimento amministrativo è stabilita in 180 giorni, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del d.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231, e dell’annesso
Allegato 1, procedimento n. 3. Nei casi d’urgenza debitamente documentati e motivati, il citato articolo 39 prevede che la Soprintendenza possa rilasciare direttamente l’autorizzazione,
informandone contestualmente il segretario regionale e il Direttore generale Archeologia. Dopo il rilascio, da parte della Commissione regionale per il patrimonio culturale, dell’autorizzazione al progetto di scomposizione/ricomposizione e musealizzazione, effettuate le operazioni previste, il Soprintendente provvede ad attestarne la conformità, informandone il Direttore generale Archeologia e la Commissione regionale, per il tramite del Segretario regionale. Le spese relative alle operazioni di rinterro, scomposizione/ricomposizione (con successiva musealizzazione) sono di norma a carico della stazione appaltante o del soggetto proponente. In relazione allo svolgimento delle operazioni di cui sopra, è necessario che nei provvedimenti autorizzativi siano richiamati gli aspetti più delicati e/o problematici degli interventi prescritti, e sia disposta, se del caso, l’elaborazione di uno specifico progetto di valorizzazione, la presenza di personale qualificato nell’esecuzione dei lavori, la previsione di clausole di salvaguardia per
l’Amministrazione BACT, ecc. La fattispecie di cui alla precedente lettera c) riguarda i casi in cui è necessario il mantenimento in situ dei beni archeologici rinvenuti. Per tali contesti, l’azione di tutela incide fortemente sull’opera da realizzare e può determinare varianti, anche sostanziali, del progetto iniziale ovvero, in casi di assoluta incompatibilità dell’opera in progetto con il contesto di interesse archeologico, l’espressione di un parere negativo. In tali casi la relazione archeologica definitiva deve essere adeguatamente motivata e articolata in valutazioni puntuali relativamente allo stato di conservazione dei beni, alla loro rilevanza nell’ambito del contesto territoriale e all'effettiva possibilità di fruizione pubblica e gestione stabile del contesto così conservato. Le determinazioni assunte dalla Soprintendenza dovranno essere comunicate alla stazione appaltante o al soggetto proponente, eventualmente indicando agli stessi, ove possibile, soluzioni alternative al progetto originario, ovvero motivando le ragioni della radicale incompatibilità dell’opera divisata con il contesto connotato dalla presenza delle testimonianze archeologiche da conservare in situ. Ove mai, nel progetto definitivo o esecutivo dell’opera pubblica o di interesse pubblico, siano previste opere strutturali (paratie, setti, diaframmi, pali, jet‐grouting, ecc.), indispensabili a garantire la sicurezza del cantiere e/o degli edifici circostanti, ma che comportino il sacrificio del deposito archeologico individuato prima dell’avvio o anche nel corso delle indagini archeologiche, l’Amministrazione si riserva la possibilità di effettuare direttamente o indirettamente una valutazione tecnica allo scopo di individuare possibili alternative di minor impatto per il patrimonio archeologico rispetto alle soluzioni prospettate. Qualora tali soluzioni non vengano individuate, o non siano condivise dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente, il Soprintendente Archeologia esprime il proprio motivato parere allo stato degli atti.

12.2. ‐ La procedura si conclude con l’avvio dei procedimenti per la tutela delle strutture rinvenute e mantenute in situ ai sensi degli articoli 12 o 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il Soprintendente provvede all’avvio dei detti procedimenti ed alla contestuale trasmissione dell’atto di avvio alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente all’adozione del provvedimento finale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettere a) e b), del d.P.C.M. n. 171/2014. Ove ne ricorrano i presupposti le Soprintendenze possono considerare inoltre l’opportunità di avviare il procedimento di tutela indiretta, ai sensi degli articoli 45 ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme atte ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Anche in tal caso il Soprintendente, avviato il procedimento, provvede alla contestuale trasmissione dell’atto di avvio alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente all’adozione del provvedimento finale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettera c), del d.P.C.M. n. 171/2014. Possono essere previste ulteriori misure di tutela, con lo scopo di salvaguardare il contesto territoriale in cui si trovano i beni archeologici rinvenuti, quando fra questi e il paesaggio circostante esista un legame così forte da creare un unico inscindibile complesso caratterizzato da una profonda compenetrazione fra i valori archeologici, l’assetto morfologico del territorio e il contesto naturale di giacenza delle testimonianze. In tal caso le relative prescrizioni, intese ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri del territorio considerato, saranno dettate in uno con l’atto di perimetrazione della zona interessata, ai fini della sua ascrizione fra quelle aventi interesse archeologico ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera m), del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

12.3. ‐ Entro sei mesi dalla fine delle attività di scavo è definito, con il coordinamento del funzionario archeologo della Soprintendenza responsabile dell’istruttoria, che si rapporta con il coordinatore dello scavo archeologico, il piano editoriale della pubblicazione degli esiti delle indagini, da sottoporre all’approvazione del Soprintendente. In relazione alla complessità e alle caratteristiche dei ritrovamenti (cronologie, tipologie, ambiti culturali), tale piano potrà essere articolato in più fasi (notizie dei ritrovamenti, rapporti preliminari, pubblicazione/i definitiva/e, ecc.). La divulgazione in corso d’opera delle notizie riguardo ai ritrovamenti (comunicati stampa, divulgazione a mezzo stampa e/o internet, social network ecc.) è coordinata dalla Soprintendenza, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela dei diritti di paternità intellettuale e del codice etico. Per lavori complessi e di lunga durata la Soprintendenza supervisiona le forme di pubblicazione online delle prime elaborazioni dei dati, di volta in volta acquisiti, che il committente pubblica, anche in corso d’opera, in base agli accordi stipularti con le strutture del MiBACT. Il funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria per conto della Soprintendenza predispone il piano generale e il cronoprogramma della pubblicazione, alla quale collabora anche il coordinatore dello scavo archeologico e contribuiscono pure gli altri archeologi che hanno partecipato allo scavo, in relazione alle competenze di ciascuno e al ruolo svolto all’interno del cantiere, con particolare riguardo alla pubblicazione dei rapporti preliminari di scavo, sulla base delle competenze scientifiche di ciascuno. L’organigramma completo del cantiere di scavo archeologico è in ogni caso riportato nella pubblicazione. Sia con riguardo ai rapporti preliminari di scavo, sia in relazione alla pubblicazione definitiva degli esiti dello stesso, il funzionario responsabile dell’istruttoria per conto della Soprintendenza può proporre motivatamente al Soprintendente, sentito il coordinatore dello scavo, l’affidamento di elaborazioni e/o studi specifici a specialisti di settore, che non abbiano preso parte allo scavo. La documentazione concernente i dati di scavo è pubblicata immediatamente in formato digitale secondo le modalità definite dal MiBACT, su piattaforma informatica liberamente accessibile, mentre la pubblicazione delle sintesi interpretative deve di norma essere effettuata, sia su supporto cartaceo che in formato digitale, entro ventiquattro mesi dalla conclusione delle indagini sul campo. In ogni caso, tutte le attività di studi connesse e/o conseguenti alle indagini condotte sul campo saranno pianificate dalla Soprintendenza anche con la collaborazione del coordinatore dello scavo archeologico. Tuttavia, qualora il piano generale di edizione degli esiti degli scavi o il relativo cronoprogramma non vengano rispettati, pur in assenza di motivati impedimenti, il Soprintendente, sentito il funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, adotta i provvedimenti ritenuti necessari al fine di assicurare una corretta e tempestiva pubblicazione dello scavo. Nel caso di scavi di particolare rilevanza, al fine di garantire la più ampia fruizione dei risultati delle indagini, le relazioni preventive ed i rapporti di scavo preliminari, in forma georeferenziata, verranno pubblicati sul sito della Direzione generale Archeologia, che potrà ospitare anche le pubblicazioni finali.
12.4. ‐ Ove la realtà archeologica emersa e indagata si presti a particolari interventi di musealizzazione, si concorderanno, con la stazione appaltante o il soggetto proponente e con
eventuali altri soggetti pubblici e/o privati interessati, ulteriori forme di collaborazione finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione pubblica dell’area in cui si trovano i beni. Nel caso siano stati previsti interventi di scomposizione/ricomposizione anche parziale di strutture archeologiche, gli atti integrativi dell’accordo devono prevedere le modalità di attuazione dell’intervento e la sostenibilità, anche economica, della gestione dei beni, i quali dovranno comunque essere resi fruibili in concomitanza con l’inaugurazione dell’opera pubblica. Nel caso di interventi di valorizzazione in situ, oggetto dell’accordo di cui sopra, la Soprintendenza prescrive le modalità per garantire la conservazione dei resti archeologici emersi (coperture, tettoie, diserbi, pulizie, primo restauro etc.) nell’arco di tempo che intercorre tra la conclusione dello scavo archeologico e l’esecuzione del progetto, nonché la predisposizione degli opportuni apparati didattico‐informativi provvisori. La destinazione finale dei materiali mobili è oggetto di specifica istruttoria da parte della Soprintendenza Archeologia competente, la quale, nel caso in cui non ne sia possibile l’esposizione e/o il ricovero in depositi presso musei statali, valuta la possibilità di procedere al loro deposito presso strutture non statali. A tale proposito si rammenta che la Direzione generale Archeologia, con nota n. 6559 del 27 luglio 2011, ha dettato integrazioni e modifiche alle direttive già impartite con le precedenti circolari del 18 settembre 2008 e del 9 settembre 2010 riguardo alle procedure per la effettuazione di depositi di materiali archeologici di proprietà statale presso musei di enti locali.