ARCHEOLOGIA PREVENTIVA

Ci occupiamo della redazione di relazioni di verifica preventiva dell'interesse archeologico in sede di progetto preliminare, secondo le normative riportate nell'art. 25 del Codice degli Appalti.

Maggiori Informazioni

I nostri contatti

Open 8.00 - 19.00 Lun. -Ven.
Cell. 340 3967592
Email info@archeologiapreventiva.com
PEC archeologiapreventiva1@pec.it

INDAGINI ARCHEOLOGICHE

I nostri servizi archeologici comprendono assistenza agli scavi e alla movimentazione terra, scavi archeologici preventivi, lettura archeologica dei carotaggi, ricognizioni archeologiche di superficie.

Maggiori Informazioni

ARCHEOLOGIA PREVENTIVA

Archeologia Preventiva è impegnata nel campo dell'archeologia a livello nazionale per Enti Pubblici e Privati, attraverso la sinergia di più professionisti specializzati in vari settori, le cui conoscenze garantiscono un alto livello di qualità delle nostre realizzazioni.

Tutti i nostri servizi sono sviluppati attraverso metodologie innovative e mediante softwares e strumentazioni di alto profilo tecnologico, i quali rendono le operazioni più veloci e di conseguenza permettono di offrire ai nostri clienti tempi brevi di lavorazione a costi competitivi.

Fattori entrambi importanti soprattutto in ambito urbano dove la velocità deve coniugarsi con una elevata professionalità, al fine di non danneggiare o perdere informazioni in relazione al nostro ricchissimo patrimonio archeologico e garantire alle aziende operanti sul cantiere il proseguimento dei lavori senza ritardi.

  • Assistenza archeologica
  • Relazioni valutazione di rischio archeologico (VIARCH)
  • Scavi archeologici urbani, extraurbani e di emergenza
  • Saggi archeologici preliminari
  • Lettura stratigrafica degli elevati
  • Disegno e schedatura reperti archeologici
  • Ricognizioni archeologiche
  • Ricerche storiche d'archivio
  • Sviluppo itinerari turistici e valorizzazione territoriale
  • Carte e guide archeologiche
  • Elaborazioni cartografiche in ambiente GIS

PER QUALSIASI INFORMAZIONE CONTATTACI

Siamo a vostra disposizione per informazioni e preventivi gratuiti

CONTATTACI!

Article Index

Scarica il pdf

CIRCOLARE N . 1 Roma,, 20.01.2016 Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Direzione Generale Archeologia Via di San Michele 22 – 00153 – ROMA

OGGETTO : Disciplina del procedimento di cui all’articolo 28, comma 4, del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ed agli articoli 95 e 96 del Decreto Legislativo 14 aprile 2006, n. 163, per la verifica preventiva dell’interesse archeologico, sia in sede di progetto preliminare che in sede di progetto definitivo ed esecutivo, delle aree prescelte per la localizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico di cui all’annesso

 

Allegato 1. PARTE I ‐ DISPOSIZIONI GENERALI 1. ‐ P RINCIPI G ENERALI INERENTI IL PROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL ’ INTERESSE ARCHEOLOGICO .

1.1. ‐ Le procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico hanno come fonti normative di riferimento, nell’ordine: il D.Lgs. n. 42/2004, ed in particolare gli articoli - 12; - 13 ss.; - 18 s.; - 20 ss.; - 28; - 45 ss.; - 88 ss.; - 142, comma 1, lettera m) ; - 146; - 150 ss.; - 155; il D.Lgs. n. 152/2006, ed in particolare gli articoli - 4; - 19 ss.; il D.Lgs. n. 163/2006, ed in particolare gli articoli - 3; - 93; - 95; - 96; - 206 1 ; nonché l’Allegato XXI al D.Lgs. n. 163/2006, ed in particolare gli articoli - 3; - 5; - 9; - 10; - 38; ed infine il d.P.R. n. 207/2010, in particolare gli articoli - 14, comma 1, lettera e) e comma 2, lettera a) , punto 4.2); - 15, commi 6 e 9; - 17, comma 1, lettera d) e comma 3, lettera a) ; - 18, comma 1, lettere a) e b) ; - 19, comma 1, lettera e) ; - 20, comma 1, lettera a) ; - 21, comma 1, lettera a) , punto 3), e lettera b) , punto 7) ; - 24, comma 2, lettere a) e b) ; - 25, comma 2, lettera b) ; - 26, comma 1, lettera e) ; 1 L’articolo 4, comma 2, lettera ee) del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, ha modificato l’articolo 206 del Codice dei contratti disponendo l’applicabilità degli artt. 95 e 96 del detto Codice dei contratti anche ai contratti pubblici dei c.d. settori speciali per gli interventi di rilevanza comunitaria. Il medesimo D.L. n. 70/2011 (come convertito dalla L. n. 106/2011), ha però statuito (con l'articolo 4, comma 2 ‐ bis ) che “ Le disposizioni di cui alla lettera ee) del comma 2 del presente articolo, limitatamente all'applicazione ai settori speciali degli articoli 95 e 96 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, non si applicano alle società operanti nei predetti settori le cui procedure in materia siano disciplinate da appositi protocolli di intesa stipulati con amministrazioni pubbliche prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ”. - 27; - 33, comma 1, lettere a) e b) ; - 34, comma 2; - 35, comma 1; - 44 ss.; - 56; - 215, comma 4, lettera e) ; - 240; - 245; - 248; - 251, comma 4; - 357, comma 23.

1.2. ‐ Ai fini dell’applicazione degli articoli 28, comma 4, e 21, commi 4 e 5 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, con esclusivo riguardo ai profili che afferiscono alla tutela dell’interesse archeologico e che sono connessi alla valutazione dei progetti relativi alle opere a farsi, le strutture del MiBACT legittimate, a vario titolo, ai procedimenti di cui agli articoli 95 e 96 del Codice dei contratti sono, a termini del d.P.C.M. n. 171/2014, le Soprintendenze Archeologia territoriali e la Direzione generale Archeologia.

1.3. ‐ Ai fini dell’eventuale applicazione, all’esito dei procedimenti di cui agli articoli 95 e 96 del Codice dei contratti, dell’articolo 21, comma 1, lettera a) , ovvero degli articoli 12, 13 ss., 20 ss., 45 ss., 142, comma 1, lettera m) e 146, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, le strutture del MiBACT legittimate, a vario titolo, ai relativi procedimenti, con riguardo ai profili afferenti alla tutela dell’interesse archeologico, sono, a termini del d.P.C.M. n. 171/2014, le Soprintendenze Archeologia territoriali, i Segretariati regionali, le Commissioni regionali per il patrimonio culturale e la Direzione generale Archeologia.


 

2. ‐ P ROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL ’ INTERESSE ARCHEOLOGICO . CAMPO DI APPLICAZIONE .

2.1. ‐ Il procedimento per la verifica preventiva dell’interesse archeologico delle aree prescelte per la localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico si applica a tutti gli interventi disciplinati dal Codice dei contratti e distintamente elencati nell’Allegato 1.

2.2. ‐ L’originaria esclusione, dal campo di applicazione del procedimento per la verifica preventiva dell’interesse archeologico, dei lavori afferenti ai c.d. settori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, servizi di trasporto ecc.), è stata determinata, come chiarito nella relazione illustrativa al D.L. n. 70/2011 (menzionato nella precedente nota 1), da un difetto di coordinamento all’interno del testo legislativo: sarebbe stato altrimenti contraddittorio, infatti, escludere dal procedimento di verifica preventiva proprio quelle tipologie di opere pubbliche o di interesse pubblico “ rispetto alle quali sussistono maggiori esigenze di tutela e in riferimento alle quali erano state sperimentate le indagini archeologiche preventive ”.

2.3. ‐ Il procedimento di verifica preventiva è correlato ai tre livelli di progettazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico (preliminare, definitivo, esecutivo) e, a seconda degli esiti, può comportare: - l’assenso al progetto; - la prescrizione di varianti progettuali, anche sostanziali; - ovvero, nei casi di assoluta impossibilità, congruamente motivata, di armonizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico con il contesto di interesse archeologico, determinare l’espressione, da parte delle competenti strutture del MiBACT, di un parere negativo alla realizzazione dell’opera divisata, che, per logica conseguenza, non conterrà alcuna indicazione di eventuali modifiche progettuali. Infatti, le vigenti disposizioni (v. l’articolo 14 ‐ quater , comma 1, L. n. 241/1990), a termini delle quali, in caso di dissenso, espresso dagli uffici del MiBACT in conferenza dei servizi, alla realizzazione di un’opera in un contesto territoriale tutelato o comunque meritevole di tutela per il suo accertato interesse culturale, sussiste l’obbligo, per i medesimi uffici, di prescrivere “ le specifiche modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso ” devono essere interpretate, secondo la più recente giurisprudenza 2 nel senso che il detto parere deve contenere tali 2 V., ad es., TAR Molise, sentenze n. 398 e n. 399, dell’11 aprile 2013, depositate il 4 giugno 2013.  prescrizioni solo nel caso in cui l’intervento non sia assolutamente incompatibile con il contesto tutelato. Qualora, invece, non sia possibile armonizzare l’opera proposta con la tutela del contesto territoriale di riferimento, il parere negativo non conterrà alcuna indicazione di eventuali modifiche progettuali: secondo la rammentata giurisprudenza, infatti, una diversa interpretazione delle disposizioni in questione, basata sul presupposto che tutti gli interventi possano essere resi comunque compatibili con il contesto territoriale in cui devono essere localizzati, sarebbe palesemente irragionevole. Le determinazioni assunte dalle Soprintendenze Archeologia vanno sempre trasmesse anche alle Soprintendenze Belle Arti e Paesaggio, per gli eventuali profili di competenza, ratione materiae .

2.4. ‐ Sono assoggettati al procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico e/o paleontologico tutti i progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico che comportino: mutamenti nell’aspetto esteriore o nello stato dei luoghi, movimentazioni di terreno (comprese le opere a verde), anche nel caso di ripristino dell’assetto preesistente, ovvero nuove edificazioni, anche se realizzate nell’ambito della ristrutturazione di manufatti esistenti, in ragione dell’impatto che detti interventi potrebbero determinare su beni o contesti di interesse archeologico presenti nell’area interessata dalle dette trasformazioni. Sono inoltre assoggettate al procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico e/o paleontologico tutte quelle attività di indagine (quali, ad esempio, alcune di quelle utilizzate per le ricerche di risorse geotermiche nel sottosuolo o nei fondali marini 3 ) che possano comunque comportare danneggiamento al patrimonio sepolto anche senza l’esecuzione di scavi o movimentazioni di terra, in ragione dell’impatto che esse potrebbero determinare su beni o contesti di interesse archeologico.

2.5. ‐ Sono esclusi dal procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico i progetti relativi a lavori concernenti opere pubbliche o di interesse pubblico che non comportino: mutamenti nell’aspetto esteriore o nello stato dei luoghi, movimentazioni di terreno, nuove edificazioni o scavi a quote diverse da quelle già impegnate da manufatti esistenti, nel cui ambito si interviene. 3 Si veda il caso dei rilievi geofisico ‐ sismici a riflessione, effettuati con esplosivo o massa battente. Tuttavia qualora sia altamente probabile, nelle aree prescelte per la localizzazione degli interventi progettati, la presenza di emergenze archeologiche da tutelare, in quanto rimaste in posizione residuale, anche a quote già impegnate da manufatti esistenti (si pensi, ad es., al caso dei rifacimenti di pavimentazioni di piazze e vie storiche), sarà comunque possibile prescrivere, in luogo della verifica preventiva dell’interesse archeologico, l’assistenza archeologica in corso d’opera.

2.6. ‐ In conformità al disposto di cui all’articolo 95, comma 7, del Codice dei contratti, sono altresì esclusi, d’ordinario, i progetti relativi a lavori concernenti opere pubbliche o di interesse pubblico che ricadano in aree archeologiche o in parchi archeologici, formalmente individuati ai sensi dell’articolo 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio in quanto, in tali casi, detto interesse è stato già formalmente accertato al momento della costituzione dell’area o del parco. Resta ovviamente fermo e impregiudicato, con riguardo ai profili che afferiscono alla tutela dell’interesse archeologico (e fatte salve le concomitanti valutazioni eventualmente afferenti la tutela di altri profili di interesse culturale) l’obbligo, a carico della stazione appaltante dell’opera pubblica o del proponente l’opera di interesse pubblico, della trasmissione dei relativi progetti alle Soprintendenze Archeologia competenti per territorio. E resta altresì ferma, per dette Soprintendenze, la potestà di esercitare, in relazione ai detti progetti, tutti i poteri, autorizzatori e cautelari, previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia, con particolare riguardo agli articoli 18 s., 20 ss., 28, 146, 150 ss., 155 del medesimo Codice, ivi compresa la facoltà di prescrivere, a spese e cura del committente dell’opera pubblica o di interesse pubblico, l’esecuzione di ulteriori indagini archeologiche, intese a definire un più completo quadro conoscitivo del contesto vincolato ed assimilabili a quelle previste dall’articolo 96, comma 1, 4 Ai sensi dell’articolo 3, comma 33, del Codice dei contratti, “ L'espressione ‘stazione appaltante’ comprende le amministrazioni aggiudicatrici e gli altri soggetti di cui all'articolo 32 ”, ossia, secondo la rubrica del detto articolo 32, “ Amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori ”. Fra questi sono espressamente ricompresi i “ concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici ”, le “ società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico ”, i “ soggetti privati ...” relativamente a “ lavori... di cui all’Allegato I nonché lavori di edilizia relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati aunzioni pubbliche amministrative di importo superiore a un milione di euro” con finanziamenti pubblici superiori al 50%, i “ concessionari di servizi ”, i “... soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso... ” e gli “... enti aggiudicatori di cui all’articolo 207” (del medesimo Codice dei contratti). lettere a) e b) , da eseguirsi preliminarmente ai diversi livelli di progettazione, prima di pronunciarsi in merito alla compatibilità, con detto contesto, delle opere proposte in progetto.

2.7. ‐ Anche le zone di interesse archeologico, di cui all’articolo 142, comma 1, lettera m) , del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in conformità al disposto di cui all’articolo 95, comma 7, del Codice dei contratti, sono escluse, d’ordinario, dal procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico con riguardo ai progetti relativi a lavori concernenti opere pubbliche o di interesse pubblico che ricadano nel loro ambito, in quanto la sussistenza di tale interesse è stabilita, per esse, ex lege . Resta ovviamente fermo e impregiudicato, anche per dette zone, con riguardo ai profili che afferiscono alla tutela dell’interesse archeologico (e fatte salve le concomitanti valutazioni eventualmente afferenti la tutela di altri profili di interesse culturale), l’obbligo, a carico della stazione appaltante dell’opera pubblica o del proponente l’opera di pubblico interesse, della trasmissione dei relativi progetti alle Soprintendenze Archeologia competenti per territorio. E resta altresì ferma, per dette Soprintendenze, la potestà di esercitare, in relazione ai detti progetti, tutti i poteri, autorizzatori e cautelari, previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia, con particolare riguardo agli articoli 18 s., 20 ss., 28, 146, 150 ss., 155, del medesimo Codice, ivi compresa la facoltà di prescrivere, a spese e cura del committente dell’opera pubblica o di interesse pubblico, l’esecuzione di ulteriori indagini archeologiche, intese a definire un più completo quadro conoscitivo del contesto vincolato ex lege ed assimilabili a quelle previste dall’articolo 96, comma 1, lettere a) e b) , da eseguirsi preliminarmente ai diversi livelli di progettazione, prima di pronunciarsi in merito alla compatibilità, con detto contesto, delle opere proposte in progetto.

2.8. ‐ Nelle fattispecie di cui ai precedenti paragrafi 2.6 e 2.7 resta altresì ferma la facoltà, per le Soprintendenze Archeologia, in conformità al disposto di cui all’articolo 95, comma 7, ultimo periodo, del Codice dei contratti, di esercitare, in particolare, i poteri di inibizione o di sospensione dei lavori di cui all’articolo 28, comma 2, del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Rimane infine impregiudicato, in esito alle risultanze delle indagini archeologiche preventive, nelle fattispecie di cui ai paragrafi 2.1 , 2.2 , 2.3 e 2.4 , ovvero in esito alle risultanze delle indagini archeologiche di approfondimento, nelle fattispecie di cui ai paragrafi 2.6 e 2.7 , l’esercizio, da parte delle competenti strutture del MiBACT, così come individuate ai precedenti paragrafi 1.2 e  1.3 , delle funzioni istituzionali di verifica o dichiarazione dell’interesse archeologico, di prescrizione di misure di tutela indiretta, di perimetrazione di zone di interesse archeologico, nonché di adozione dei provvedimenti, autorizzatori e cautelari, in conformità alle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio richiamate nei medesimi paragrafi.


 

3. ‐ P ROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL ’ INTERESSE ARCHEOLOGICO . FUNZIONI DELLE SOPRINTENDENZE A RCHEOLOGIA .

3.1. ‐ A seguito della trasmissione da parte delle amministrazioni aggiudicatrici, in qualità di stazioni appaltanti delle opere di cui al precedente paragrafo, ovvero da parte degli operatori economici, in qualità di soggetti proponenti, di copia dei progetti preliminari delle opere che si intendono intraprendere, le Soprintendenze Archeologia, competenti per territorio, verificano che la documentazione archeologica inerente il procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico delle aree prescelte per la localizzazione delle opere in questione sia curata e sottoscritta da un soggetto in possesso dei requisiti di cui all’articolo 95, comma 1, del Codice dei contratti, e controfirmata dal responsabile del procedimento nominato dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente. La trasmissione dei progetti può essere eventualmente corredata di una dichiarazione motivata (resa dal responsabile del procedimento per conto della stazione appaltante o del soggetto proponente) che, sulla base delle risultanze della documentazione archeologica, nell’ordine, espliciti e giustifichi: - l’escludibilità delle opere previste nei detti progetti dalle procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, secondo quanto indicato ai precedenti paragrafi 2.6 e 2.7; - la non assoggettabilità delle opere previste nei progetti di che trattasi, al Codice dei contratti; - la richiesta di accertamento in ordine all’assoggettabilità delle opere previste nei menzionati progetti al procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico di cui ai precedenti paragrafi 2.1 , 2.2 , 2.3 e 2.4 , o ai poteri autorizzatori e cautelari di cui ai precedenti paragrafi 2.6 , 2.7 e 2.8 .

 

3.2. La Soprintendenza Archeologia, in caso di accertata non assoggettabilità dell’opera al procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, esegue, a propria cura, tutti gli approfondimenti conoscitivi eventualmente necessari ai fini dell’espressione del parere di competenza
 

 3.3. ‐ La Soprintendenza Archeologia competente per territorio verifica che la stazione appaltante o il soggetto proponente dell’opera pubblica abbiano previsto, nel quadro economico del progetto preliminare, una specifica voce riservata alle attività connesse con la verifica preventiva dell’interesse archeologico, così come indicato al successivo paragrafo 10.4, sia in relazione alla fase prodromica di cui all’articolo 95, comma 1, che agli approfondimenti di cui all’articolo 96,
comma 1, del medesimo Codice. Tra le spese connesse alle attività di verifica preventiva sono ricomprese anche quelle necessarie per la precatalogazione e per l’esecuzione dei primi interventi, con funzione esclusivamente preventiva e conservativa, degli eventuali reperti mobili e/o delle strutture, nonché quelle per la pubblicazione dei risultati finali delle indagini condotte. Invece le risorse eventualmente occorrenti per la esecuzione degli interventi di restauro e di quelli intesi ad assicurare la pubblica fruizione delle testimonianze rinvenute, ai sensi dell’articolo 96, comma 2, lettere b) ultima parte, e c), del Codice dei contratti, non sono ricomprese nell’ambito delle somme a disposizione di cui si è detto in precedenza.

3.4. ‐ Le Soprintendenze Archeologia accertano, anche mediante l’esercizio dei poteri di vigilanza e di ispezione, nonché di inibizione e sospensione dei lavori, previsti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, la sussistenza dei presupposti di legge per l’attivazione del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico con riguardo ai progetti relativi a lavori concernenti opere pubbliche o di interesse pubblico.


 

4. ‐ PROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO. ARTICOLAZIONE FUNZIONALE.

4.1. ‐ Il procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico si articola in fasi funzionali, secondo la sequenza di cui all’Allegato 2, che si attivano progressivamente, in ragione dell’esito delle fasi precedenti. Spetta alle Soprintendenze Archeologia vigilare sul corretto svolgimento del procedimento, soprattutto in relazione agli adempimenti cui sono tenute le stazioni appaltanti o i soggetti proponenti in fase di progettazione preliminare.

4.2. ‐ La fase prodromica del procedimento si avvia in coincidenza con la elaborazione della progettazione preliminare dell’opera pubblica o di interesse pubblico, e prima della sua approvazione, a seguito della ricezione di detta progettazione, o di uno stralcio di essa (comprensivo, in ogni caso, degli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari), comunque sufficiente ai fini archeologici, alla Soprintendenza Archeologia competente per territorio (v. articolo 95, comma 1, del Codice dei contratti), ed è finalizzata ad accertare la sussistenza di interesse archeologico nelle aree prescelte per la localizzazione delle opere di che trattasi, ai fini dell’avvio del procedimento vero e proprio di verifica preventiva (v. articolo 95, comma 3, del Codice dei contratti). In fase di programmazione di opere complesse, la stazione appaltante od il soggetto proponente possono richiedere alla Soprintendenza Archeologia competente per territorio, al fine di ottimizzare i tempi di progettazione, incontri preliminari per individuare le principali criticità e definire un adeguato piano d’indagine. Per interventi interregionali o che coinvolgono più Soprintendenze Archeologia, le riunioni sono coordinate dal Direttore generale Archeologia.

4.3. ‐ Qualora, all’esito della valutazione della documentazione trasmessa dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente e delle eventuali integrazioni richieste, la Soprintendenza Archeologia non rilevi la presenza, nell’area prescelta per l’intervento, di elementi di interesse archeologico e pertanto non richieda l’attivazione del procedimento di verifica preventiva, l’esecuzione di eventuali indagini archeologiche tramite saggi di scavo potrà essere disposta solo in
caso di emersione, nel corso dei lavori, di nuovi elementi archeologicamente rilevanti (v. articolo 95, comma 6, del Codice dei contratti).
Nel caso in cui nel periodo che intercorre tra lo sviluppo delle successive fasi progettuali e la realizzazione dell’opera, si verifichino rinvenimenti archeologici fortuiti in aree per le quali non era stata richiesta l’attivazione della procedura di cui all’articolo 96, la Soprintendenza Archeologia deve tempestivamente comunicare alla stazione appaltante o al soggetto proponente le potenziali criticità in relazione alla realizzazione dell’opera.

4.4. ‐ Qualora invece, all’esito della valutazione della documentazione trasmessa dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente e delle eventuali integrazioni richieste, la Soprintendenza Archeologia rilevi la presenza, nell’area prescelta per l’intervento, di elementi di interesse archeologico, richiederà l’attivazione del procedimento di verifica preventiva. La prima fase del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico prende pertanto avvio solo se, entro novanta giorni dal ricevimento della prescritta documentazione trasmessa dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente, il Soprintendente Archeologia, sulla base degli elementi conoscitivi a sua disposizione, ne faccia motivata richiesta (v. articolo 95, comma 3, del Codice dei contratti).

4.5. ‐ Tuttavia, se la documentazione trasmessa non risulta sufficiente ai fini della valutazione dell’interesse archeologico, o perché incompleta o perché bisognevole di approfondimenti, la Soprintendenza Archeologia ha facoltà di richiedere documentazione integrativa, a termini dell’articolo 95, comma 4, primo, secondo e terzo periodo, del Codice dei contratti (in proposito v. i successivi paragrafi 8.4 e 8.5).

4.6. ‐ Avverso le determinazioni della Soprintendenza Archeologia, che dispongono l’avvio della prima fase del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, è in facoltà della stazione appaltante o del soggetto proponente presentare ricorso in via amministrativa, ai sensi dell’articolo 16 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, alla Direzione generale Archeologia [v. articolo 95, comma 5, del Codice dei contratti, nonché articolo 14, comma 2, lettera q), del
d.P.C.M. n. 171/2014]. Ovviamente, qualora la stazione appaltante o il soggetto proponente presentino ricorso in via amministrativa avverso le determinazioni della Soprintendenza Archeologia, la prima fase del procedimento di verifica preventiva prenderà avvio solo all’esito del ricorso amministrativo, se negativo per la stazione appaltante od il soggetto proponente.

4.7. ‐ Il procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico di un’area deputata ad accogliere la localizzazione di un’opera pubblica o di interesse pubblico, attivato dalla Soprintendenza Archeologia a termini del precedente paragrafo 4.4, si articola in due fasi, che costituiscono livelli progressivi di approfondimento dell’indagine archeologica (v. articolo 96, comma 1, primo periodo, del Codice dei contratti).

4.8. ‐ La prima fase delle indagini archeologiche è svolta in funzione dell’integrazione della progettazione preliminare [v. articolo 96, comma 1, lettera a), del Codice dei contratti].

4.9. ‐ L’esito positivo della prima fase delle indagini archeologiche determina l’attivazione della seconda fase di indagini, i cui risultati sono di ausilio per la integrazione della progettazione definitiva e di quella esecutiva [v. articolo 96, comma 1, lettera b), del Codice dei contratti].

4.10. ‐ Il procedimento si conclude con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal Soprintendente Archeologia, che contiene una descrizione analitica delle indagini eseguite, con i relativi esiti, e detta, in funzione di questi ultimi, le conseguenti prescrizioni, aseconda della rilevanza archeologica del sito e dell’impatto dell’opera in progetto con le emergenze archeologiche accertate (v. articolo 96, commi 2, 3 e 4 del Codice dei contratti).

4.11. ‐ La mancata attivazione del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico ovvero il mancato recepimento dei suoi esiti negli specifici elaborati pertinenti tanto alla fase della progettazione preliminare5 quanto a quella della progettazione definitiva6 e a quella della progettazione esecutiva 7 si configurano come omissioni suscettibili di pregiudicare, in tutto o in parte, la realizzabilità o l’utilizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico e tali da determinare, ove non rilevate in sede di verifica del progetto (da eseguirsi a termini degli articoli 44 ss. del Regolamento del Codice dei contratti), una responsabilità, a titolo di inadempimento, in capo al soggetto incaricato della verifica stessa (interno o esterno che sia alla stazione appaltante o al soggetto proponente), con conseguente obbligo al risarcimento dei danni, ai sensi dell’articolo 56 del menzionato Regolamento del Codice dei contratti.

Note

5 Gli elaborati specifici, con riguardo alla progettazione preliminare, sono, nell’ordine: la relazione tecnica, nella quale è compresa la relazione archeologica che deve riportare gli sviluppi e gli esiti della verifica preventiva [v. articolo 19, comma 1, terzo periodo, lettera e) del Regolamento del Codice dei contratti ed articolo 95, comma 1 del Codice dei contratti]; la verifica di compatibilità dell’intervento con le prescrizioni di eventuali piani paesaggistici territoriali ‐beninteso, ai fini che qui interessano, qualora con i detti piani siano state perimetrate zone di interesse archeologico‐ [v. articolo 20, comma 1, lettera a) del Regolamento del Codice dei contratti]; per le opere e lavori puntuali, la carta archeologica, alla luce degli studi ed indagini preliminari, in scala adeguata [v. articolo 21, comma 1, lettera a), punto 3) del Regolamento del Codice dei contratti]; per le opere e lavori a rete, la carta archeologica, recante gli esiti delle indagini e degli studi preliminari, in scala non inferiore a 1:25.000 [v. articolo 21, comma 1, lettera b), punto 7), del Regolamento del Codice dei contratti].
6 Gli elaborati specifici pertinenti alla fase della progettazione definitiva sono, nell’ordine: la relazione generale del progetto definitivo, che riferisce, tra l’altro, in merito a tutti gli aspetti riguardanti le interferenze dell’opera con il paesaggio, l’ambiente e gli immobili di interesse storico, artistico ed archeologico [v. articolo 24, comma 2, lettera a), e articolo 25, comma 2, lettera b), del Regolamento del Codice dei contratti]; le relazioni specialistiche, fra le quali rientra, ovviamente, la relazione archeologica, che può approfondire e aggiornare, ove necessario, i dati del progetto preliminare, anche sulla base di indagini dirette [v. articolo 24,
comma 2, lettera b), e articolo 26, comma 1, lettera e), del Regolamento del Codice dei contratti]. Fra le dette relazioni specialistiche può ascriversi anche lo studio di impatto ambientale, di cui all’articolo 27 del Regolamento del Codice dei contratti, per la cui obbligatorietà, a corredo del progetto definitivo, si rimanda alle specifiche prescrizioni di cui agli articoli 20 ss. del D.Lgs. n. 152/2006.
7 Gli elaborati specifici, pertinenti alla fase della progettazione esecutiva sono, nell’ordine: la relazione generale del progetto esecutivo, che contiene, fra l’altro, la descrizione delle indagini, rilievi e ricerche effettuati al fine di ridurre in corso di esecuzione le possibilità di imprevisti [v. articolo 33, comma 1, lettera a), e articolo 34, comma 2, del Regolamento del Codice dei contratti]; le medesime relazioni specialistiche contenute nel progetto definitivo, le quali però illustrino puntualmente le eventuali indagini integrative, le soluzioni adottate e le modifiche rispetto al progetto definitivo [v. articolo 33, comma 1, lettera b), e articolo 35,
comma 1, del Regolamento del Codice dei contratti].

4.12. ‐ Ove mai la stazione appaltante o il soggetto proponente ritengano, con provvedimento motivato, di indire una conferenza dei servizi per effettuare un esame contestuale dei vari
interessi pubblici coinvolti nel procedimento di approvazione del progetto dell’opera pubblica o di interesse pubblico, ai sensi degli articoli 14 ss. della L. n. 241/1990, ovvero qualora il ricorso alla conferenza dei servizi sia previsto come obbligatorio da normative specifiche, quali, ad esempio, l’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”), l’accertamento della corretta attuazione del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico può aver luogo, anche a richiesta della Soprintendenza Archeologia interessata, nell’ambito della stessa conferenza dei servizi. In tal caso, se viene accertato il non corretto o non completo svolgimento del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico dell’area interessata dall’opera per la cui valutazione è stata indetta la conferenza dei servizi, ovvero l’incompleto o mancato recepimento dei suoi esiti nel progetto definitivo, oggetto di esame in conferenza, l’ufficio competente ad esprimere il parere di pertinenza del MiBACT potrà richiedere il rinvio della conferenza dei servizi per consentire lo svolgimento del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico ovvero il recepimento dei suoi esiti, e delle conseguenti prescrizioni della Soprintendenza
Archeologia, negli specifici elaborati progettuali da sottoporre nuovamente all’esame della conferenza.



5. ‐ TRASPARENZA AMMINISTRATIVA.

5.1. ‐ Le Soprintendenze Archeologia rendono pubblico, tramite il proprio sito web, anche ai sensi e per gli effetti dell’articolo 32 della L. 18 giugno 2009, n. 69 (recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”), il presente atto di indirizzo, che viene pubblicato anche sui siti web del Ministero BACT e della Direzione generale Archeologia.

6. ‐ MONITORAGGIO.

7. ‐ PROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO. APPLICAZIONE PER ANALOGIA.
7.1. ‐ Le indicazioni procedurali di cui al presente atto di indirizzo stabiliscono principi metodologici e criteri operativi utilizzabili anche con riguardo ad interventi non ricompresi fra quelli di cui all’annesso Allegato 1. In tali casi, l’attivazione del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico di un’area prescelta per la localizzazione di un’opera il cui progetto preliminare è da sottoporre comunque alla Soprintendenza Archeologia per la valutazione preventiva di compatibilità dell’intervento ipotizzato con il contesto territoriale di riferimento, trova il suo fondamento in accordi specifici, stipulati, ai sensi dell’articolo 15 della L. n. 241/1990, con le pubbliche amministrazioni interessate.
Alla stipula di detti accordi provvedono, esclusivamente sulla base di apposito atto di indirizzo predisposto, anche ai sensi dell’articolo 14, comma 2, lettera p), del d.P.C.M. n. 171/2014, dalla Direzione generale Archeologia, i Segretariati regionali, in esercizio della funzione di cui all’articolo 32, comma 1, del d.P.C.M. ult. cit. Alla sottoscrizione di detti accordi in sede periferica partecipano anche le competenti Soprintendenze Archeologia, materialmente responsabili della loro puntuale attuazione.
Eventuali accordi stipulati, in vigenza del pregresso assetto organizzativo, direttamente dalla Direzione generale centrale, devono ormai considerarsi privi di efficacia. Ovviamente con gli accordi di cui è questione l’Amministrazione BACT non potrà comunque estendere, in via di applicazione analogica, ai procedimenti di archeologia preventiva attivati su base consensuale le regole proprie, in via esclusiva, dei procedimenti regolati dal Codice dei contratti, quali quelle che richiedono, per i soggetti incaricati della produzione della documentazione archeologica e dell’esecuzione delle indagini archeologiche dirette, il possesso dei requisiti professionali prescritti dall’articolo 95, comma 1, del medesimo Codice. In tali casi, però, è necessario che, in sede di accordo, la stazione appaltante o il soggetto proponente comprovino che i soggetti incaricati di dette indagini siano comunque in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale, ai sensi dell’articolo 9‐bis del Codice dei beni culturali, come introdotto dalla L. n. 110/2014.


 

PARTE II ‐ IL PROCEDIMENTO DI VERIFICA PREVENTIVA DELL’INTERESSE ARCHEOLOGICO
8. ‐ FASE PRODROMICA DEL PROCEDIMENTO (ARTICOLO 95, COMMA 1, DEL CODICE DEI CONTRATTI).
8.1. ‐ L’articolo 28, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce, testualmente, che “In caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico, anche quando per esse non sia intervenuta la verifica … o la dichiarazione … [scil.: di detto interesse], il soprintendente può richiedere l’esecuzione di saggi archeologici preventivi sulle aree medesime a spese del committente”.
Dalla piana lettura della disposizione testé riportata, si evince che è in facoltà del Soprintendente Archeologia richiedere l’esecuzione di indagini archeologiche, anche mediante la realizzazione di saggi di scavo, nelle aree interessate dalla localizzazione di un’opera pubblica (o di interesse pubblico), a condizione che dette aree presentino un qualche interesse archeologico, ancorché tale interesse non sia stato oggetto di un formale provvedimento di accertamento, sotto forma di ‘verifica’ (nel caso che l’opera pubblica o di interesse pubblico sia localizzata su aree appartenenti ad enti pubblici territoriali, ad altri enti pubblici, o a persone giuridiche private senza fini di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici), ovvero sotto forma di ‘dichiarazione’ (nel caso in cui l’opera pubblica o di interesse pubblico sia localizzata su aree appartenenti a privati).
La sussistenza dell’interesse archeologico nel sito prescelto per la realizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico, ancorché non formalizzata con un apposito provvedimento di
accertamento, costituisce pertanto la condizione legittimante l’esercizio, da parte della Soprintendenza Archeologia, della facoltà di disporre, in concomitanza con la definizione del
progetto dell’opera a farsi, attività di ricerca archeologica, a spese del committente dell’opera (stazione appaltante ovvero soggetto proponente), a termini degli articoli 88 ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Poiché non sempre l’Amministrazione BACT è in possesso di un quadro conoscitivo esaustivo circa la rilevanza archeologica dei siti prescelti dalle stazioni appaltanti o dai soggetti proponenti per la dislocazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, al fine di mettere l’Amministrazione
medesima in condizione di esercitare legittimamente la facoltà riconosciutale dal rammentato comma 4 dell’articolo 28 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’articolo 95, comma 1, primo periodo, del Codice dei contratti, prevede l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di trasmettere alle Soprintendenze Archeologia competenti per territorio, copia del progetto preliminare della divisata opera pubblica o di interesse pubblico (ovvero un suo stralcio), prima dell’approvazione dello stesso.

8.2. ‐ La fase prodromica del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico di un determinato sito prende pertanto avvio con la trasmissione alla competente Soprintendenza Archeologia, da parte della stazione appaltante o del soggetto proponente, di una copia del progetto preliminare dell’opera pubblica o di interesse pubblico a farsi, beninteso prima della sua approvazione. L’obbligo posto a carico della stazione appaltante o del soggetto proponente può considerarsi adempiuto anche con la trasmissione di uno stralcio del progetto, purché detto stralcio contenga gli elementi essenziali per consentire alla Soprintendenza Archeologia di valutare compiutamente la sussistenza di un qualche interesse archeologico nel sito prescelto per la localizzazione dell’opera in progetto. In ogni caso è onere della competente Soprintendenza Archeologia verificare che, nell’ambito della documentazione complessivamente individuata dall’articolo 17 del Regolamento del codice dei contratti come costitutiva del progetto preliminare, sia stata ad essa trasmessa quantomeno
quella di seguito elencata:
- relazione illustrativa;
- relazione tecnica;
- studio di prefattibilità ambientale;
- studi necessari per un’adeguata conoscenza del contesto in cui è inserita l’opera,
corredati da dati bibliografici, accertamenti ed indagini preliminari.


In particolare, ai fini che interessano in questa sede, gli esiti delle indagini storiche, archeologiche, ambientali, geologiche, idrologiche andranno riferiti ponendo particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all’esito delle ricognizioni territoriali effettuate sul campo e volte all’osservazione dei terreni, puntualmente documentate (v. in proposito l’annesso Allegato 3).specifici, anche le interferenze delle opere con il contesto, così da fornire un completo quadro
conoscitivo del territorio e delle aree interessate, nonché della loro trasformazione a seguito della realizzazione delle opere preventivate;
- planimetria generale ed elaborati grafici delle opere;
- piano particellare preliminare delle aree interessate e rilievo di massima degli immobili
sui quali si ipotizza l’esecuzione dell’intervento.
In buona sostanza, la Soprintendenza Archeologia dovrà verificare che le siano pervenuti tutti gli elaborati di cui al menzionato articolo 17, comma 1, lettere a), b), c), d), e), i).
In particolare:
- la relazione illustrativa del progetto preliminare deve contenere tutti i dati prescritti dallo stesso Regolamento del Codice dei contratti all’articolo 18, comma 1, lettere a) e b), e, con riguardo alla lettera c) del medesimo comma, deve indicare l’eventuale articolazione dell’intervento in stralci funzionali e fruibili, ovvero in tratte funzionali e fruibili per le opere a rete. Essa, infine, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 18, deve dare chiara e precisa nozione di quelle circostanze che non possono risultare dai disegni e che hanno avuto influenza sulla scelta del progetto;
- la relazione tecnica del progetto preliminare, ai fini dell’accertamento, nei siti prescelti per la localizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico, della sussistenza di elementi di interesse archeologico tali da giustificare l’avvio del procedimento di verifica preventiva di tale interesse, deve contenere tutti i dati prescritti dall’articolo 19, comma 1, dello stesso Regolamento del Codice dei contratti. In particolare, essa deve anzitutto descrivere in dettaglio le indagini storiche ed archeologiche effettuate, corredate di adeguata documentazione, anche fotografica, e la caratterizzazione del progetto dal punto di vista dell’inserimento nel territorio, motivando, a tale riguardo, le scelte tecniche del progetto stesso. Inoltre, ai fini della valutazione circa la necessità o l’opportunità dell’avvio del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, essa deve trattare i seguenti argomenti [di cui al menzionato articolo 19, comma 1, lettere a), b), d), f), g), i), l), m), o), p), q), r)]:
- geologia;
- geotecnica;
- studio preliminare di inserimento urbanistico e vincoli;archeologia, nei termini sopra riferiti;
- censimento delle interferenze, con le ipotesi di risoluzione delle principali interferenze riscontrate;
- piano di gestione delle materie con ipotesi di soluzione delle esigenze di cave e discariche;
- architettura dell’intervento;
- strutture ed opere d’arte;
- tracciato plano‐altimetrico e sezioni tipo (per opere a rete);
- idrologia;
- idraulica;
- strutture;
- traffico.
In coerenza con quanto prescritto al precedente paragrafo 3.3, la Soprintendenza Archeologia dovrà accertare la presenza, fra la documentazione di progetto ad essa pervenuta, del quadro economico di cui all’articolo 22 del più volte citato d.P.R. n. 207/2010, onde avere modo di verificare il corretto inserimento, in detto quadro economico, delle somme destinate allo
svolgimento dell’intero procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico. Qualora, in relazione alla tipologia, alla categoria e all’entità dell’intervento, sia richiesta anche la produzione dello studio di prefattibilità ambientale, le Soprintendenze Archeologia richiedono anche detto documento, redatto in conformità a quanto prescritto dall’articolo 20 del più volte
menzionato d.P.R. n. 207/2010. La Soprintendenza Archeologia può accettare, con adeguata motivazione, la riduzione dei livelli di definizione e dei contenuti della progettazione e, quindi, una documentazione archeologica semplificata in rapporto alla specifica tipologia ed alla dimensione dell’intervento, purché ne sia assicurata la qualità.

8.3. ‐ Ricevuti gli atti, il Soprintendente Archeologia, qualora non ritenga di assumere direttamente la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento ad essa inerente, ne assegna l’incarico ad un funzionario dell’ufficio, ai sensi degli articoli 5 e 6 della L. n. 241/1990. Ove mai l’opera pubblica o di interesse pubblico in progetto abbia dimensione sovraregionale, gli atti di cui sopra andranno trasmessi, a cura della stazione appaltante o del soggetto proponente, alle Soprintendenze Archeologia competenti per i territori interessati.Onde consentire alla Direzione generale Archeologia di esercitare, rispetto agli uffici territoriali di volta in volta interessati, le funzioni di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, se del caso, di avocazione e sostituzione, di cui all’articolo 14, comma 1, del d.P.C.M. n. 171/2014, ovvero di svolgere, in cooperazione con la Direzione generale Belle arti e paesaggio, le funzioni di pertinenza nella definizione delle determinazioni da assumere nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale, in sede statale o regionale, che riguardino interventi di carattere intersettoriale, di dimensione sovraregionale, che incidano su aree o beni di interesse archeologico, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 14, comma 2, lettera b), ed all’articolo 15, comma 2, lettere l) ed m), del medesimo d.P.C.M. n. 171/2014, le Soprintendenze Archeologia dovranno mantener costantemente informata la stessa Direzione generale Archeologia degli sviluppi del procedimento di verifica preventiva.

8.4. La documentazione di cui ai precedenti paragrafi deve essere trasmessa alla Soprintendenza Archeologia competente per territorio su supporto cartaceo oltre che su supporto informatico, secondo i formati definiti dal MiBACT. La documentazione archeologica, in particolare, sarà pubblicata immediatamente in un archivio digitale e resa disponibile su piattaforma informatica liberamente accessibile. Qualora la detta documentazione non sia tutta quella richiamata ai precedenti paragrafi la Soprintendenza Archeologia provvederà a richiedere le opportune integrazioni8 entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, ai sensi del comma 4, primo periodo, dell’articolo 95 del Codice dei contratti. In tal caso, il termine di novanta giorni, previsto dal comma 3 dell’articolo 95 del Codice dei contratti, dato alla Soprintendenza per richiedere, motivatamente, l’avvio del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico dell’area prescelta per la realizzazione dell’opera pubblica o di interesse pubblico, è interrotto ai sensi del medesimo comma 4, primo periodo, e ricomincerà a decorrere solo dalla data di ricezione, da parte della stessa Soprintendenza, di tutta la documentazione prevista ai capoversi che precedono.
Per le opere di cui al Capo IV del Codice dei contratti, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 38 dell’Allegato XXI al medesimo Codice, il termine di cui sopra è ridotto a trenta giorni e la richiesta

8 In applicazione del principio del c.d. “soccorso istruttorio” di cui dall’articolo 6, comma 1, lettera b), della L. n. 241/1990. Il detto principio è stato elaborato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato: esso “consiste nella generale possibilità di chiedere la regolarizzazione delle dichiarazioni lacunose e della documentazione incompleta” (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 6248/2012).di approfondimenti istruttori è ammessa una sola volta. Qualora la localizzazione delle opere avvenga in fase di progetto definitivo il procedimento di cui all’articolo 95, comma 1, si svolge nell’ambito dello studio di fattibilità. Per le opere di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana di cui all’articolo 33 del D.L. 133/2014, come convertito, con modificazioni, dalla L. n. 164/2014, tutti i termini previsti dal Codice dei contratti per l’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica sono dimezzati, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo.

8.5. ‐ Se, viceversa, la documentazione trasmessa, ancorché completa di tutti gli elaborati sopra elencati, dovesse risultare comunque carente nei contenuti, in relazione ad uno o più degli elaborati trasmessi (ad es., nel caso in cui la collazione delle fonti risultasse lacunosa, la relazione di ispezione territoriale non riguardasse tutta l’area interessata dall’intervento ecc.), la Soprintendenza Archeologia potrà richiedere, ai sensi del comma 4, secondo periodo, dell’articolo 95 già citato, con adeguata motivazione, tutti gli approfondimenti ritenuti utili alla formazione di un quadro conoscitivo completo dello stato di fatto dei siti interessati dall’intervento. In tal caso, a far data dalla richiesta e fino alla ricezione della ulteriore documentazione, il decorso del termine di novanta giorni, di cui al rammentato comma 3 dell’articolo 95, ovvero il decorso dei diversi termini stabiliti, rispettivamente, dall’articolo 38 dell’Allegato XXI al Codice dei contratti oppure dall’articolo 33, comma 6, della L. n. 164/2014, rimangono sospesi. Ricevuti gli approfondimenti richiesti, la Soprintendenza Archeologia, a termini dell’ultimo periodo del comma 4 del più volte citato articolo 95, ha a disposizione il periodo residuo del tempo non trascorso, o comunque quindici giorni, per formulare l’eventuale richiesta di sottoposizione dell’intervento alla procedura prevista dall’articolo 96.

8.6. ‐ Si richiama l’attenzione delle Soprintendenze Archeologia in ordine al puntuale rispetto dei termini sopra riferiti, atteso che, nel caso in cui non ci si pronunci entro detti termini, si avrà, come effetto ex lege, la fictio iuris dell’avvenuta adozione di un atto di assenso all’intervento, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 7 agosto 2015, n. 124, come peraltro rimarcato dalla notacircolare emanata con atto n. 27158 del 10 novembre 2015 dall’Ufficio Legislativo MiBACT.


 

9. – PRIMA FASE DEL PROCEDIMENTO, INTEGRATIVA DELLA PROGETTAZIONE PRELIMINARE [ARTICOLO 95, COMMI 3 E 6, E ARTICOLO 96, COMMA 1, LETTERA A), DEL CODICE DEI CONTRATTI].

9.1. ‐ Qualora il Soprintendente Archeologia, sulla base degli elementi trasmessi dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente ovvero sulla base delle integrazioni e/o degli
approfondimenti richiesti ed ottenuti ai sensi dei precedenti paragrafi 8.4 e 8.5, ravvisi l’esistenza di interesse archeologico nelle aree interessate dalla progettazione preliminare, richiederà, entro i termini indicati nei paragrafi sopra citati, con provvedimento motivato, la sottoposizione dell’intervento al procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico (v., in termini, l’articolo 95, comma 3, Codice dei contratti), al fine di stabilire, innanzitutto, caratteristiche e valenza delle testimonianze archeologiche e quindi valutare la compatibilità dell’opera pubblica o di interesse pubblico a farsi con il contesto connotato dalle presenze archeologiche, in ragione delle possibili interferenze di quest’ultima, anche sotto il profilo paesaggistico, con gli elementi di rilievo archeologico ed i relativi ambiti territoriali.

9.2. ‐ In coerenza con le motivazioni addotte nel provvedimento con il quale è stata richiesta la sottoposizione al procedimento di verifica preventiva dell’opera pubblica o di interesse pubblico a farsi e sulla scorta del progetto preliminare o del suo stralcio, come eventualmente integrati, il Soprintendente Archeologia dispone il compimento delle indagini necessarie all’approfondimento delle conoscenze circa l’interesse archeologico dell’area interessata dalla progettazione della medesima opera e ne dà comunicazione alla stazione appaltante o al soggetto proponente, nonché alla Direzione generale Archeologia e alla Direzione generale Belle Arti e Paesaggio a termini dell’articolo 7 della L. n. 241/1990. In uno con la detta comunicazione di avvio del procedimento di verifica preventiva, il Soprintendente, qualora non ritenga di assegnare a sé la responsabilità dell’istruttoria e di ogni altro adempimento ad essa inerente, segnala alla stazione appaltante o al soggetto proponente anche il nome del funzionario incaricato dell’istruttoria, ai sensi degli articoli 5 e 6 della L. n.
241/1990.

9.3. ‐ In particolare, il procedimento potrà prendere avvio con la prescrizione di indagini indirette (prospezioni geofisiche, geochimiche e/o eventuali ulteriori tipologie di indagine offerte, nel tempo, dall’evolversi delle metodologie di ricerca). E’ in facoltà del Soprintendente disporre, con provvedimento motivato, l’integrazione di indagini indirette, i cui esiti siano già agli atti, qualora ritenga i detti esiti non esaustivi, in riferimento ai luoghi indagati o alle modalità, anche temporali, con le quali le indagini medesime sono state eseguite. Il responsabile dell’istruttoria ne disporrà l’esecuzione previa attenta valutazione in ordine alla metodologia più consona in relazione alla specifica composizione dei terreni da indagare (rilevabile dalle relazioni geologica e geotecnica), nonché alla consistenza dei depositi archeologici. Esse possono rivelarsi particolarmente utili laddove la problematica archeologica dell’area da indagare (tipologia strutturale dei resti e profondità di giacitura delle testimonianze) sia ipotizzabile nelle linee generali, nonché in aree poco urbanizzate, che restituiscono, di massima, una minore densità di anomalie e, di conseguenza, dati più chiaramente interpretabili. E’ inoltre da considerare il fatto che, di norma, le diverse metodologie devono essere impiegate in modo integrato e che le anomalie individuate necessitano, di solito, di successivi controlli diretti sul terreno.

9.4. ‐ Il responsabile dell’istruttoria propone, altresì, a conferma e/o ad integrazione dei dati rinvenienti dalle indagini indirette di cui al precedente paragrafo 9.3 l’esecuzione di indagini
dirette (carotaggi e/o saggi di scavo) che, a motivato giudizio del Soprintendente, potranno essere effettuate, sempre a valere sui fondi di cui al precedente paragrafo 3.3, anche direttamente dall’ufficio, ai sensi dell’articolo 88 del Codice dei beni culturali. Nel caso in cui il Soprintendente abbia deciso, motivatamente, per l’esecuzione diretta delle indagini di che trattasi, ai sensi del menzionato articolo 88 del Codice, dette indagini potranno essere affidate esclusivamente a funzionari archeologi appartenenti ai ruoli del MiBACT. Tra le indagini dirette, i carotaggi [v. articolo 96, comma 1, lettera a), numero 2, del Codice dei contratti] rappresentano uno strumento utile per la verifica di aree a stratificazione complessa e
molto consistente (ad esempio nelle aree urbane), nonché per l’individuazione di depositi archeologici sepolti a grandi profondità.
In ogni caso, i carotaggi non potranno essere sostitutivi dei saggi di scavo, a meno che tali carotaggi non risultino sufficienti, a giudizio motivato del responsabile dell’istruttoria, alla formazione di un quadro conoscitivo completo, utile alla formulazione di una proposta di parere esaustiva sulla compatibilità dell’opera a farsi con il contesto indagato e sulle eventuali prescrizioni da impartire. Nei casi in cui le opere pubbliche o di interesse pubblico, in relazione alle quali è stata disposta l’esecuzione delle indagini dirette di archeologia preventiva, ricadano in terreni che non siano ancora stati oggetto delle procedure di esproprio di cui al Titolo II del d.P.R. n. 327/2001, le Soprintendenze Archeologia, qualora non abbiano optato, motivatamente, per l’esecuzione diretta di dette indagini, provvedono ad avviare il procedimento per l’affidamento in concessione, alla stazione appaltante o al soggetto proponente, delle dette attività di ricerca e ad emettere, in favore dei concessionari, i decreti di occupazione temporanea degli immobili dove devono eseguirsi i relativi lavori, ai sensi del combinato disposto costituito dall’articolo 89 del Codice dei beni culturali e dall’articolo 52 del menzionato d.P.R. n. 327/2001. Gli oneri derivanti dall’occupazione temporanea dei terreni da indagare, disposta dalla Soprintendenza, sono a carico della stazione appaltante o del soggetto proponente. Invece gli oneri conseguenti all’eventuale riconoscimento di premi di rinvenimento, ai sensi dell’articolo 92 del Codice dei beni culturali, rimangono comunque a carico del MiBACT.

9.5. ‐ I saggi archeologici [v. articolo 96, comma 1, lettera a), numero 3), del Codice dei contratti] possono anche non essere effettuati in sequenza con le indagini di cui sopra. In particolare, qualora essi siano disposti in connessione con precedenti indagini indirette, non dovranno essere necessariamente effettuati solo in corrispondenza delle anomalie rivelate dalle dette indagini, ma potranno ovviamente essere indirizzati ad indagare anche altre parti dell’area prescelta per la dislocazione dell’opera progettata.
La loro estensione dovrà essere comunque tale da assicurare una campionatura dell’area interessata da lavori che a qualsiasi titolo incidano sul sottosuolo, sufficiente a consentire la
formazione di un quadro conoscitivo completo ed esaustivo delle emergenze archeologiche presenti nell’area, della loro dislocazione ed estensione, nonché del loro rilievo testimoniale ai fini della caratterizzazione del contesto interessato dall’intervento. In particolare, dovrà essere posta attenzione alla valutazione della consistenza strutturale e dell’estensione delle preesistenze archeologiche, in modo da pervenire tempestivamente, in ambito urbano, al conseguente giudizio in merito alla fattibilità dell’opera proposta, ed in ambito extraurbano, alla individuazione certa ed alla perimetrazione delle aree interessate da depositi archeologici, rispetto alle quali valutare, in ragione della dislocazione effettiva dell’opera in progetto, la sua concreta realizzabilità.

9.6. ‐ La documentazione delle indagini indirette e dirette di cui ai precedenti paragrafi deve essere trasmessa alla Soprintendenza Archeologia competente per territorio su supporto cartaceo, oltre che su supporto informatico, secondo i formati definiti dal MiBACT. I risultati di tali indagini saranno pubblicati immediatamente in un archivio digitale e resi disponibili su piattaforma informatica liberamente accessibile. Il responsabile dell’istruttoria, acquisiti gli esiti di dette indagini, predispone una relazione interna per il Soprintendente Archeologia, con la quale, sulla scorta dei detti esiti, segnala e descrive “gli elementi archeologicamente significativi” (ai sensi dell’articolo 96, comma 1, secondo periodo, del Codice dei contratti) emersi nel corso della prima fase delle indagini preventive e indica le ragioni che eventualmente giustificano il passaggio alla seconda fase delle dette indagini. La sussistenza di “elementi archeologicamente significativi” è data dalla presenza certa, nelle aree indagate, di livelli di frequentazione, di strutture e/o materiali archeologici. Qualora il responsabile dell’istruttoria ritenga che i risultati acquisiti nel corso delle indagini effettuate ai sensi dei precedenti capoversi siano esaustivi ai fini della conoscenza, sotto il profilo dell’interesse archeologico, dell’area interessata dall’intervento in progetto, li trasmetterà al Soprintendente Archeologia corredandoli delle proprie valutazioni in ordine alla compatibilità dell’opera a farsi con il contesto di riferimento e delle conseguenti proposte concernenti le possibili prescrizioni da impartirsi. In tale ultimo caso il Soprintendente, se riterrà di condividere le valutazioni del responsabile dell’istruttoria, ne richiederà la formalizzazione ai fini dell’approvazione; se invece riterrà di discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria potrà, con provvedimento motivato, prescrivere la prosecuzione delle indagini archeologiche, ai sensi dell’articolo 96, comma 1, lettera b), del Codice dei contratti.

9.7. – L’assenza di “elementi archeologicamente significativi”, attestata dagli esiti delle indagini di cui ai precedenti paragrafi e confermata dalla relazione interna del responsabile dell’istruttoria, comporta la conclusione del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico ed il Soprintendente Archeologia, qualora non ritenga di disporre, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini, provvederà al rilascio del parere finale sul progetto dell’opera a farsi. Nel formulare tale parere, il Soprintendente può anche motivatamente prescrivere la sorveglianza archeologica in corso d’opera, qualora essa si renda necessaria o in ragione della peculiare tipologia delle opere proposte e della loro dislocazione territoriale (si pensi alle infrastrutture a rete, i cui tracciati non siano stati, per intero, oggetto di sondaggi archeologici), o in ragione della peculiare natura dei contesti archeologici rinvenibili (si pensi ai contesti paleontologici e preistorici, ipotizzabili sulla base della lettura morfologica del territorio ma non individuabili con le metodologie di indagine indiretta attualmente note e per i quali quindi non è pianificabile una campagna di scavi).


 

10. ‐ SECONDA FASE DEL PROCEDIMENTO, INTEGRATIVA DELLA PROGETTAZIONE DEFINITIVA ED ESECUTIVA [ARTICOLO 95, COMMI 3 E 6, E ARTICOLO 96, COMMA 1, LETTERA B), DEL CODICE DEI CONTRATTI].

10.1. ‐ Il Soprintendente Archeologia, sulla scorta della relazione interna predisposta dal responsabile dell’istruttoria, nella fattispecie di cui al precedente paragrafo 9.6, primo periodo, ovvero a seguito delle autonome determinazioni assunte a termini dell’ultimo periodo del precedente paragrafo 9.6, dispone l’avvio della seconda fase del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, dandone comunicazione alla stazione appaltante o al soggetto proponente. Secondo l’impianto previsto dalla normativa in esame, la prima fase, integrativa della progettazione preliminare [v. articolo 96, comma 1, lettera a), del Codice dei contratti] serve a verificare la presenza e la consistenza del deposito archeologico nelle aree oggetto di progettazione, mentre la seconda, che si svolge su disposizione motivata del Soprintendente ed è propedeutica alla redazione della progettazione definitiva ed esecutiva delle opere [v. articolo 96,comma 1, lettera b), del menzionato Codice dei contratti] è finalizzata a chiarire la natura e la complessità di tale deposito. I risultati della seconda fase, che prevede l’esecuzione di scavi in estensione, consentiranno di valutare in concreto gli aspetti di compatibilità dell’opera pubblica con la tutela del patrimonio archeologico e forniranno gli elementi conoscitivi necessari, sotto il profilo archeologico, per la redazione della progettazione definitiva e/o esecutiva.

10.2. ‐ Tuttavia qualora, già nella fase prodromica del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, sulla scorta della documentazione trasmessa dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente, ai sensi del precedente paragrafo 8.2, ovvero ulteriormente acquisita dalla Soprintendenza Archeologia ai sensi dei precedenti paragrafi 8.4 e 8.5, i dati raccolti rendano palese ed evidente la necessità di effettuare comunque scavi archeologici, potrà essere possibile, ai fini dell’efficacia e della speditezza del procedimento, unificare la prima e la seconda fase delle indagini specificamente regolamentate dall’articolo 96, comma 1, lettere a) e b), effettuando in un’unica soluzione le indagini archeologiche ritenute necessarie. Ciò specie quando si intraveda la possibilità che la concentrazione delle indagini garantisca una migliore comprensione del deposito archeologico e una maggiore salvaguardia della sua integrità, con particolare riguardo alle aree urbane pluristratificate. Tale possibilità è prevista dall’articolo 96, comma 3, del Codice dei contratti, ove è testualmente stabilito che “il responsabile del procedimento [scil.: il soggetto che, per conto della stazione appaltante o del soggetto proponente, è responsabile dei lavori, ai sensi dell’articolo 9, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 207/2010] può motivatamente ridurre, d’intesa con la soprintendenza archeologica [scil.: con il responsabile dell’istruttoria, incaricato dal Soprintendente Archeologia, al quale spetta la sorveglianza sulle indagini archeologiche di verifica preventiva e con il quale il responsabile del procedimento per la realizzazione dei lavori ha l’obbligo di relazionarsi] i livelli di progettazione, nonché i contenuti della progettazione, in particolare in relazione ai dati, agli elaborati e ai documenti progettuali già comunque acquisiti agli atti del procedimento”.
Le modalità per l’attivazione di detto procedimento semplificato potranno essere definite nell’ambito dell’eventuale accordo previsto dall’articolo 96, comma 7, secondo periodo, del Codice
dei contratti, accordo che, alla luce delle modifiche apportate all’assetto organizzativo del MiBACT dal d.P.C.M. n. 171/2014, andrà stipulato, su proposta del Soprintendente Archeologia
competente per territorio, fra la stazione appaltante o il soggetto proponente ed il Segretario regionale del MiBACT, in qualità di rappresentante della Commissione regionale per il patrimonio culturale, e, su parere della stessa, ai sensi degli articoli 32 e 39, comma 2, lettera n) del citato d.P.C.M. n. 171/2014. Copia di detto accordo andrà trasmessa, a cura del Segretario regionale, al Direttore generale Archeologia, al fine di consentirgli l’esercizio delle funzioni di direzione, indirizzo, coordinamento, controllo e, ove necessario, di avocazione e sostituzione, di cui all’articolo 14, comma 1, del menzionato d.P.C.M. n. 171/2014.

10.3. ‐ Ai fini dell'esecuzione della seconda fase delle indagini, il responsabile dell’istruttoria della Soprintendenza predispone le direttive per la redazione del progetto definitivo dei lavori di scavo archeologico. Tali direttive, in uno con la relazione finale della fase prodromica alla verifica preventiva di interesse archeologico, costituiscono il progetto preliminare dello scavo archeologico. Esse indicano le indagini ritenute necessarie, sulla base della lettura critica della documentazione
esistente, acquisita nella fase prodromica. Le direttive di progetto sono approvate dal Soprintendente ed inviate alla stazione appaltante o al soggetto proponente. Esse costituiscono indicazioni vincolanti per lo sviluppo del progetto definitivo alla cui redazione provvedono, su incarico della stazione appaltante o del soggetto proponente, diverse figure professionali, in ragione delle specifiche competenze, in rapporto ai diversi profili (scientifico, tecnico, logistico), dello scavo archeologico9:

- l’archeologo, in possesso di specifica, comprovata esperienza e capacità professionali, coerenti con l’intervento, che, secondo quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 245 del Regolamento del Codice dei contratti, cura gli aspetti tecnico‐scientifici dello scavo;
- l’architetto, in possesso di specifica, comprovata esperienza e capacità professionali, coerenti con l’intervento, che cura gli aspetti tecnico‐scientifici connessi alla salvaguardia delle emergenze, alla logistica e alla sicurezza;
- l’ingegnere, o l’architetto, in possesso di specifica, comprovata esperienza e capacità professionali, coerenti con l’intervento, per gli aspetti tecnico‐strutturali e legati alla sicurezza del cantiere.
Il Soprintendente approva il progetto dello scavo archeologico, unitamente ai curricula dei professionisti che lo hanno redatto.
Per le specifiche tecnico‐operative del progetto stesso si rimanda a quanto previsto nell’annesso Allegato 4.

10.4. ‐ Il progetto definitivo di scavo archeologico “comprende dettagliate previsioni tecnicoscientifiche ed economiche relative alle diverse fasi e tipologie” di scavo, ai sensi del comma 5
dell’articolo 245 del menzionato Regolamento del Codice dei contratti.9 Si rinvia, a tale proposito, all’articolo 9‐bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio, come introdotto dall’articolo 1 della L. n. 110/2014.

Gli elaborati del progetto di scavo comprendono, tra l’altro, il quadro economico, il computo metrico, l’organigramma del cantiere e il cronoprogramma. Al fine di garantire il pieno sviluppo delle fasi progettuali di cui al menzionato articolo 245, comma 6, del Regolamento del Codice dei contratti, il quadro economico di progetto dovrà prevedere una somma, coerente con la complessità dell’intervento e comunque in linea di massima non inferiore al 20% di quanto complessivamente stanziato per l’espletamento del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, riservata alle operazioni conseguenti allo scavo, ovvero:
- alla redazione della relazione conclusiva dello scavo;
- ad una prima schedatura dei reperti mobili rinvenuti, allo studio preliminare dei medesimi, nonché all’esecuzione dei primi interventi, con funzione esclusivamente
preventiva e conservativa;
- alla pubblicazione dei risultati dell’indagine.
Gli interventi finalizzati alla conservazione e alla valorizzazione dei beni archeologici rinvenuti saranno invece oggetto di progettazione successiva e separata, in relazione alla natura e alla consistenza di quanto emerso a seguito delle indagini. Le risorse occorrenti per la esecuzione degli interventi di conservazione e valorizzazione delle testimonianze rinvenute non sono ricomprese nell’ambito delle somme a disposizione di cui al precedente paragrafo 3.3. Il progetto definitivo dello scavo archeologico, articolato in conformità a quanto prescritto dal già menzionato comma 6 dell’articolo 245 del Regolamento del Codice dei contratti, è sottoposto all’approvazione del Soprintendente, il quale valuta l’opportunità dell’inserimento di dispositivi a tutela degli eventuali rinvenimenti emersi durante la fase di cui all’articolo 96, comma 1, lettera a), del detto Codice che potrebbero comportare modifiche, anche sostanziali, al progetto dell’opera pubblica. La Soprintendenza verifica che il coordinamento del cantiere di scavo archeologico e della redazione della documentazione di scavo, con particolare riguardo alla relazione illustrativa dei risultati dello stesso, sia affidato al direttore tecnico dell’impresa affidataria ovvero, sulla base delle valutazioni motivate espresse dalla Soprintendenza nel parere reso sul progetto delle opere a farsi, ad un soggetto con qualifica di archeologo, in possesso di esperienza e capacità professionali
coerenti con l’intervento. La Soprintendenza verifica, sulla scorta dei curricula che le vengono inoltrati, selezionati dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente, il possesso, da parte dei professionisti segnalati, dei requisiti tecnici e scientifici congruenti rispetto le indagini a farsi.


 

11. ‐ CONDUZIONE DEI LAVORI E GESTIONE DEL CANTIERE E DEI REPERTI DI SCAVO.
11.1. ‐ I cantieri di scavo archeologico effettuati nell’ambito di interventi di archeologia preventiva ed eseguiti a cura e spese della stazione appaltante o del soggetto proponente sono sottoposti alla normativa del Codice dei contratti e del relativo Regolamento, che stabiliscono i requisiti che le imprese devono possedere per poter eseguire tale tipologia di lavori pubblici. In particolare, ai sensi dell’articolo 248 del Regolamento del Codice dei contratti, per partecipare agli appalti di importo pari o inferiore a 150.000 euro gli operatori economici devono aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, lavori analoghi per importo pari a quello dei lavori che si intendono eseguire e presentare l'attestato di buon esito degli stessi rilasciato dalle autorità preposte alla tutela dei beni cui si riferiscono i lavori eseguiti. Per lavori di scavo archeologico di importo superiore ai 150.000 euro è obbligatoria la qualificazione delle imprese (v. l’articolo 40 del Codice dei contratti e gli articoli 60 e ss. del Regolamento del Codice dei contratti) nella categoria di opere specializzate OS 25 (che riguarda gli scavi archeologici e le attività strettamente connesse: v. l’articolo 107 del Regolamento del Codice dei contratti e l’annesso Allegato 1). Nel corso dell’esecuzione dei lavori le Soprintendenze Archeologia si assicurano che le stazioni appaltanti o i soggetti proponenti vigilino sul mantenimento, da parte delle imprese esecutrici, dei requisiti di ordine speciale di qualificazione, come previsto dall’articolo 250, comma 3 del Regolamento del Codice dei contratti.

11.2. ‐ Il direttore tecnico dell’impresa esecutrice dello scavo archeologico, ai sensi dell’articolo 248, comma 5, del Regolamento del Codice dei contratti, deve essere in possesso dei titoli previsti dal d.m. MiBACT 20 marzo 2009, n. 60, qualora l’importo dei lavori di ricerca sia superiore ai 150.000 euro. Qualora, invece, l’importo dei lavori sia pari o inferiore ai 150.000 euro, per il direttore tecnico dell’impresa non è richiesta la qualificazione di cui all’articolo 95, comma 1, del Codice dei contratti.

Il coordinatore dello scavo archeologico, qualora diverso dal direttore tecnico dell’impresa, ai sensi del precedente paragrafo 10.4, ha l’onere di comprovare il possesso di specifica esperienza e capacità professionali, coerenti con l’intervento. Per tale figura, nonché per gli altri archeologi inseriti nell’organigramma del cantiere, non è previsto il possesso dei titoli di cui all’articolo 95, comma 1, del codice dei contratti. Il funzionario archeologo della Soprintendenza responsabile dell’istruttoria si rapporta con il direttore tecnico dell’impresa esecutrice, cui competono gli adempimenti di carattere tecnico e organizzativo necessari per la realizzazione dei lavori (v. l’articolo 87 del Regolamento del Codice dei contratti), che costituisce la figura di collegamento con la stazione appaltante o il soggetto proponente, i progettisti dell’opera a farsi e la direzione dei lavori.
Il funzionario responsabile dell’istruttoria comunica al direttore tecnico dell’impresa esecutrice dello scavo archeologico, ovvero al coordinatore del relativo cantiere, le direttive scientifiche per l’esecuzione delle indagini archeologiche.
Il responsabile dell’istruttoria fornisce al direttore tecnico dell’impresa le indicazioni necessarie alla definizione dell’organigramma del cantiere archeologico, nonché delle modalità operative di esecuzione dei lavori per la successiva approvazione del direttore dei lavori.
Qualora il direttore tecnico abbia delegato la conduzione dello scavo archeologico al coordinatore di cui sopra, il responsabile dell’istruttoria si rapporta con quest’ultimo per tutte le attività relative al cantiere, dando le opportune direttive per l’esecuzione dello scavo e la redazione della relativa documentazione. Il responsabile dell’istruttoria stabilisce inoltre la cadenza periodica delle relazioni tecnico‐scientifiche relative allo scavo archeologico e ne valuta l’adeguatezza, richiedendo eventualmente, con atto motivato, le necessarie integrazioni. Riceve e valuta le segnalazioni di criticità relative alla tutela del patrimonio e ogni altra situazione che osti al regolare andamento dei lavori. Il responsabile dell’istruttoria ha inoltre l’onere di valutare ed approvare ogni variazione delle attività previste.

11.3. ‐ Le attività di scavo archeologico, ai sensi dell’articolo 215, comma 4, lettera e), del Regolamento del Codice dei contratti, sono da ritenersi ricomprese fra quelle per le quali è
obbligatorio il collaudo in corso d’opera. In merito alla fase conclusiva dei lavori e al collaudo si sottolinea che, in base a quanto stabilito dall’articolo 251, comma 4, del Regolamento del Codice dei contratti, l'organo di collaudo per la categoria OS 25 comprende anche un tecnico con la qualifica di archeologo in possesso di esperienze e capacità professionali coerenti con l'intervento, nonché un restauratore in possesso di adeguate competenze in relazione all'intervento, entrambi con esperienza almeno quinquennale.

11.4. ‐ Per quanto riguarda i reperti mobili rinvenuti durante le operazioni di archeologia preventiva, la Soprintendenza, qualora non disponga di spazi adeguati al loro deposito, può richiedere alla stazione appaltante o al soggetto proponente di garantire il loro ricovero temporaneo in locali idonei dal punto di vista della conservazione e della sicurezza. Tali locali
devono essere accessibili al personale della Soprintendenza e ai soggetti incaricati delle attività di indagine e della schedatura dei reperti e devono essere mantenuti disponibili fino a quando non sarà possibile assicurare in altra sede la conservazione dei suddetti reperti. In ogni caso, l’onere del ricovero dei materiali non può protrarsi, a carico della stazione appaltante o del soggetto proponente, oltre la durata complessiva del cantiere connesso alla esecuzione dell’opera.
Nel caso sia ipotizzabile il rinvenimento di grandi quantità di reperti ovvero lo scavo sia localizzato in comprensori o centri urbani archeologicamente rilevanti, è necessario individuare
preliminarmente, nell’ambito della sottoscrizione dell’accordo di cui all’articolo 96, comma 7, del Codice dei contratti (v. il precedente paragrafo 10.2), il sito o i siti di raccolta provvisoria e definitiva dei materiali mobili rinvenuti nel corso degli scavi archeologici, anche previo adeguamento di spazi preesistenti o realizzazione di nuovi.


 

12. ‐ FASE CONCLUSIVA DEL PROCEDIMENTO DI ARCHEOLOGIA PREVENTIVA [ARTICOLO 96, COMMA 2, LETTERE A), B), C) DEL CODICE DEI CONTRATTI].

12.1. ‐ Il procedimento di cui all’articolo 96, comma 1, lettere a) e b), del Codice dei contratti si conclude, a termini del medesimo articolo 96, comma 2, con “…la redazione della relazione
archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente”. La detta relazione deve contenere una descrizione analitica delle indagini svolte e dei risultati ottenuti. Essa integra il progetto definitivo e/o esecutivo dell’opera pubblica. La norma non indica il responsabile della redazione di detta relazione. E’ tuttavia da ritenersi che
essa debba essere redatta, sulla base della documentazione di scavo, dal funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, anche in considerazione del fatto che detto documento è destinato a contenere proposte per le prescrizioni di tutela di competenza del Soprintendente Archeologia. Il responsabile dell’istruttoria, per stendere la relazione, deve poter disporre della necessaria documentazione di scavo. A questo proposito si ritiene opportuno che negli accordi con la stazione appaltante o il soggetto proponente di cui al precedente paragrafo 10.2 siano inserite specifiche clausole in merito ai tempi di consegna, da parte dei soggetti che hanno effettuato le indagini sul terreno per conto della stazione appaltante o del soggetto proponente, degli elaborati necessari per la stesura della relazione definitiva, tempi che non possono essere inferiori a trenta giorni e, di norma, superiori a centoventi giorni, decorrenti dalla data di ultimazione delle indagini archeologiche. La Soprintendenza ha facoltà di richiedere consegne intermedie in base alla complessità e tipologia dell’opera. Il responsabile dell’istruttoria, presa visione del materiale ricevuto, può chiedere integrazioni, entro venti giorni dalla ricezione dello stesso, se lo ritiene incompleto o comunque insufficiente per la redazione del documento finale. La documentazione integrale di scavo, da stampare sia su carta sia su supporto digitale, secondo i formati definiti dal MiBACT, deve essere consegnata alla Soprintendenza entro sei mesi dal termine delle indagini archeologiche, salvo motivate richieste di proroga.
Il Soprintendente Archeologia, approvata la relazione predisposta dal funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, esprime il parere di competenza sul progetto dell’opera pubblica,
informando contestualmente il Direttore generale Archeologia e, per gli eventuali profili di competenza, il Segretario regionale MiBACT ed eventuali, ulteriori amministrazioni pubbliche
aventi competenza nell’iter autorizzativo dell’opera pubblica. L’articolo 96, comma 2, del Codice dei contratti distingue tre tipologie di esiti del procedimento di verifica preventiva dell’interesse archeologico, ciascuna caratterizzata da differenti soluzioni, da sviluppare nella suddetta relazione:
a) contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela;
b) contesti che non evidenziano reperti leggibili come complesso strutturale unitario, con scarso livello di conservazione, per i quali sono possibili interventi di rinterro oppure
scomposizione/ricomposizione e musealizzazione in altra sede rispetto a quella di rinvenimento; c) complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata che in forma contestualizzata, mediante l'integrale mantenimento in situ.

Nella fattispecie di cui alla precedente lettera a) la Soprintendenza Archeologia, completate le indagini previste, rilascia il parere concludendo il procedimento per quanto di competenza, dopo aver accertato, a seguito dello scavo esaustivo dei depositi archeologici, l'insussistenza di elementi tali da richiedere l’avvio di ulteriori indagini.
Nel corso delle indagini è possibile che si debba procedere ad interventi di rimozione/demolizione ai sensi dell’articolo 21 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In tal caso, sulla scorta di apposita e motivata relazione del funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, il Soprintendente, se ritiene ineludibile l’intervento di demolizione/rimozione, relaziona, per iscritto, alla Direzione generale Archeologia e al Segretario regionale, il quale convoca la Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente per il rilascio della relativa autorizzazione, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. n. 171/2014. La durata di tale procedimento amministrativo è stabilita in 180 giorni, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del d.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231, e dell’annesso Allegato 1, procedimento n. 3. In casi di documentata e motivata urgenza, il Soprintendente Archeologia può anche autorizzare direttamente gli interventi di rimozione/demolizione, dandone comunicazione, al contempo, alla Direzione generale Archeologia e al Segretario regionale. Qualora si debba procedere alla rimozione di strutture, la rimozione sarà attuata secondo modalità di scomposizione controllata con metodologia stratigrafica. Nella relazione archeologica
definitiva le decisioni assunte dall’Amministrazione BACT saranno supportate da adeguate motivazioni. Ovviamente, ulteriori eventuali scoperte fortuite implicheranno l'intervento della Soprintendenza in conformità alle prescrizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio e del Codice dei contratti. In ogni caso sussiste l’obbligo, a carico dello scopritore, di immediata segnalazione di eventuali rinvenimenti alle competenti autorità e di conservazione delle testimonianze rinvenute, secondo il disposto degli articoli 90 ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio. La fattispecie di cui alla precedente lettera b) riguarda i casi in cui è opportuno che le strutture rinvenute a seguito delle indagini condotte siano rinterrate oppure smontate/rimontate e musealizzate. Condizione prevista dalla legge per poter adottare tali diversificate soluzioni è la “scarsa conservazione” dei beni e “l’assenza di reperti leggibili come complesso strutturale unitario”. Nella relazione archeologica definitiva devono essere descritti e documentati i beni rinvenuti, con particolare riferimento al loro stato di conservazione e alla presenza o meno di un complesso con caratteristiche di unitarietà. Dovranno inoltre essere proposte le più opportune prescrizioni di tutela, che, approvate dal Soprintendente, confluiranno nel parere di competenza rilasciato sul progetto. In caso di ricopertura dei beni rinvenuti, il Soprintendente prescrive direttamente alla stazione appaltante o al soggetto proponente le modalità operative per tale attività. Nei casi in cui si ritenga necessario prevedere interventi di scomposizione/ricomposizione e musealizzazione, si rammenta che il rilascio dell’autorizzazione per tale specifico intervento è di competenza della Commissione regionale per il patrimonio culturale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettera d), del d.P.C.M. n. 171/2014. La durata di tale procedimento amministrativo è stabilita in 180 giorni, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del d.P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231, e dell’annesso
Allegato 1, procedimento n. 3. Nei casi d’urgenza debitamente documentati e motivati, il citato articolo 39 prevede che la Soprintendenza possa rilasciare direttamente l’autorizzazione,
informandone contestualmente il segretario regionale e il Direttore generale Archeologia. Dopo il rilascio, da parte della Commissione regionale per il patrimonio culturale, dell’autorizzazione al progetto di scomposizione/ricomposizione e musealizzazione, effettuate le operazioni previste, il Soprintendente provvede ad attestarne la conformità, informandone il Direttore generale Archeologia e la Commissione regionale, per il tramite del Segretario regionale. Le spese relative alle operazioni di rinterro, scomposizione/ricomposizione (con successiva musealizzazione) sono di norma a carico della stazione appaltante o del soggetto proponente. In relazione allo svolgimento delle operazioni di cui sopra, è necessario che nei provvedimenti autorizzativi siano richiamati gli aspetti più delicati e/o problematici degli interventi prescritti, e sia disposta, se del caso, l’elaborazione di uno specifico progetto di valorizzazione, la presenza di personale qualificato nell’esecuzione dei lavori, la previsione di clausole di salvaguardia per
l’Amministrazione BACT, ecc. La fattispecie di cui alla precedente lettera c) riguarda i casi in cui è necessario il mantenimento in situ dei beni archeologici rinvenuti. Per tali contesti, l’azione di tutela incide fortemente sull’opera da realizzare e può determinare varianti, anche sostanziali, del progetto iniziale ovvero, in casi di assoluta incompatibilità dell’opera in progetto con il contesto di interesse archeologico, l’espressione di un parere negativo. In tali casi la relazione archeologica definitiva deve essere adeguatamente motivata e articolata in valutazioni puntuali relativamente allo stato di conservazione dei beni, alla loro rilevanza nell’ambito del contesto territoriale e all'effettiva possibilità di fruizione pubblica e gestione stabile del contesto così conservato. Le determinazioni assunte dalla Soprintendenza dovranno essere comunicate alla stazione appaltante o al soggetto proponente, eventualmente indicando agli stessi, ove possibile, soluzioni alternative al progetto originario, ovvero motivando le ragioni della radicale incompatibilità dell’opera divisata con il contesto connotato dalla presenza delle testimonianze archeologiche da conservare in situ. Ove mai, nel progetto definitivo o esecutivo dell’opera pubblica o di interesse pubblico, siano previste opere strutturali (paratie, setti, diaframmi, pali, jet‐grouting, ecc.), indispensabili a garantire la sicurezza del cantiere e/o degli edifici circostanti, ma che comportino il sacrificio del deposito archeologico individuato prima dell’avvio o anche nel corso delle indagini archeologiche, l’Amministrazione si riserva la possibilità di effettuare direttamente o indirettamente una valutazione tecnica allo scopo di individuare possibili alternative di minor impatto per il patrimonio archeologico rispetto alle soluzioni prospettate. Qualora tali soluzioni non vengano individuate, o non siano condivise dalla stazione appaltante o dal soggetto proponente, il Soprintendente Archeologia esprime il proprio motivato parere allo stato degli atti.

12.2. ‐ La procedura si conclude con l’avvio dei procedimenti per la tutela delle strutture rinvenute e mantenute in situ ai sensi degli articoli 12 o 13 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il Soprintendente provvede all’avvio dei detti procedimenti ed alla contestuale trasmissione dell’atto di avvio alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente all’adozione del provvedimento finale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettere a) e b), del d.P.C.M. n. 171/2014. Ove ne ricorrano i presupposti le Soprintendenze possono considerare inoltre l’opportunità di avviare il procedimento di tutela indiretta, ai sensi degli articoli 45 ss. del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al fine di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme atte ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Anche in tal caso il Soprintendente, avviato il procedimento, provvede alla contestuale trasmissione dell’atto di avvio alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, competente all’adozione del provvedimento finale, ai sensi del menzionato articolo 39, comma 2, lettera c), del d.P.C.M. n. 171/2014. Possono essere previste ulteriori misure di tutela, con lo scopo di salvaguardare il contesto territoriale in cui si trovano i beni archeologici rinvenuti, quando fra questi e il paesaggio circostante esista un legame così forte da creare un unico inscindibile complesso caratterizzato da una profonda compenetrazione fra i valori archeologici, l’assetto morfologico del territorio e il contesto naturale di giacenza delle testimonianze. In tal caso le relative prescrizioni, intese ad assicurare la conservazione dei valori espressi dagli aspetti e caratteri del territorio considerato, saranno dettate in uno con l’atto di perimetrazione della zona interessata, ai fini della sua ascrizione fra quelle aventi interesse archeologico ai sensi dell’articolo 142, comma 1, lettera m), del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

12.3. ‐ Entro sei mesi dalla fine delle attività di scavo è definito, con il coordinamento del funzionario archeologo della Soprintendenza responsabile dell’istruttoria, che si rapporta con il coordinatore dello scavo archeologico, il piano editoriale della pubblicazione degli esiti delle indagini, da sottoporre all’approvazione del Soprintendente. In relazione alla complessità e alle caratteristiche dei ritrovamenti (cronologie, tipologie, ambiti culturali), tale piano potrà essere articolato in più fasi (notizie dei ritrovamenti, rapporti preliminari, pubblicazione/i definitiva/e, ecc.). La divulgazione in corso d’opera delle notizie riguardo ai ritrovamenti (comunicati stampa, divulgazione a mezzo stampa e/o internet, social network ecc.) è coordinata dalla Soprintendenza, nel rispetto della normativa vigente in materia di tutela dei diritti di paternità intellettuale e del codice etico. Per lavori complessi e di lunga durata la Soprintendenza supervisiona le forme di pubblicazione online delle prime elaborazioni dei dati, di volta in volta acquisiti, che il committente pubblica, anche in corso d’opera, in base agli accordi stipularti con le strutture del MiBACT. Il funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria per conto della Soprintendenza predispone il piano generale e il cronoprogramma della pubblicazione, alla quale collabora anche il coordinatore dello scavo archeologico e contribuiscono pure gli altri archeologi che hanno partecipato allo scavo, in relazione alle competenze di ciascuno e al ruolo svolto all’interno del cantiere, con particolare riguardo alla pubblicazione dei rapporti preliminari di scavo, sulla base delle competenze scientifiche di ciascuno. L’organigramma completo del cantiere di scavo archeologico è in ogni caso riportato nella pubblicazione. Sia con riguardo ai rapporti preliminari di scavo, sia in relazione alla pubblicazione definitiva degli esiti dello stesso, il funzionario responsabile dell’istruttoria per conto della Soprintendenza può proporre motivatamente al Soprintendente, sentito il coordinatore dello scavo, l’affidamento di elaborazioni e/o studi specifici a specialisti di settore, che non abbiano preso parte allo scavo. La documentazione concernente i dati di scavo è pubblicata immediatamente in formato digitale secondo le modalità definite dal MiBACT, su piattaforma informatica liberamente accessibile, mentre la pubblicazione delle sintesi interpretative deve di norma essere effettuata, sia su supporto cartaceo che in formato digitale, entro ventiquattro mesi dalla conclusione delle indagini sul campo. In ogni caso, tutte le attività di studi connesse e/o conseguenti alle indagini condotte sul campo saranno pianificate dalla Soprintendenza anche con la collaborazione del coordinatore dello scavo archeologico. Tuttavia, qualora il piano generale di edizione degli esiti degli scavi o il relativo cronoprogramma non vengano rispettati, pur in assenza di motivati impedimenti, il Soprintendente, sentito il funzionario archeologo responsabile dell’istruttoria, adotta i provvedimenti ritenuti necessari al fine di assicurare una corretta e tempestiva pubblicazione dello scavo. Nel caso di scavi di particolare rilevanza, al fine di garantire la più ampia fruizione dei risultati delle indagini, le relazioni preventive ed i rapporti di scavo preliminari, in forma georeferenziata, verranno pubblicati sul sito della Direzione generale Archeologia, che potrà ospitare anche le pubblicazioni finali.
12.4. ‐ Ove la realtà archeologica emersa e indagata si presti a particolari interventi di musealizzazione, si concorderanno, con la stazione appaltante o il soggetto proponente e con
eventuali altri soggetti pubblici e/o privati interessati, ulteriori forme di collaborazione finalizzate alla valorizzazione e alla fruizione pubblica dell’area in cui si trovano i beni. Nel caso siano stati previsti interventi di scomposizione/ricomposizione anche parziale di strutture archeologiche, gli atti integrativi dell’accordo devono prevedere le modalità di attuazione dell’intervento e la sostenibilità, anche economica, della gestione dei beni, i quali dovranno comunque essere resi fruibili in concomitanza con l’inaugurazione dell’opera pubblica. Nel caso di interventi di valorizzazione in situ, oggetto dell’accordo di cui sopra, la Soprintendenza prescrive le modalità per garantire la conservazione dei resti archeologici emersi (coperture, tettoie, diserbi, pulizie, primo restauro etc.) nell’arco di tempo che intercorre tra la conclusione dello scavo archeologico e l’esecuzione del progetto, nonché la predisposizione degli opportuni apparati didattico‐informativi provvisori. La destinazione finale dei materiali mobili è oggetto di specifica istruttoria da parte della Soprintendenza Archeologia competente, la quale, nel caso in cui non ne sia possibile l’esposizione e/o il ricovero in depositi presso musei statali, valuta la possibilità di procedere al loro deposito presso strutture non statali. A tale proposito si rammenta che la Direzione generale Archeologia, con nota n. 6559 del 27 luglio 2011, ha dettato integrazioni e modifiche alle direttive già impartite con le precedenti circolari del 18 settembre 2008 e del 9 settembre 2010 riguardo alle procedure per la effettuazione di depositi di materiali archeologici di proprietà statale presso musei di enti locali.

 


 

13. ‐ I SOGGETTI ABILITATI ALLE OPERAZIONI DI ARCHEOLOGIA PREVENTIVA (EFFETTUAZIONE DELLE INDAGINI ARCHEOLOGICHE PRELIMINARI; DIREZIONE DELLE INDAGINI ARCHEOLOGICHE CHE COMPORTINO PROSPEZIONI, CAROTAGGI, SAGGI E SCAVI ARCHEOLOGICI; REDAZIONE DELLA RELATIVA DOCUMENTAZIONE).

13.1. ‐ A termini dell’articolo 95, comma 1, secondo periodo, del Codice dei contratti “Le stazioni appaltanti raccolgono ed elaborano tale documentazione [scil.: gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari, con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all’esito delle ricognizioni volte all’osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia delterritorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni] mediante i dipartimenti archeologici delle università10, ovvero mediante i soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia”.11 Come già evidenziato al precedente paragrafo 11.1, le attività di cui all’articolo 96, comma 1, del Codice dei contratti rientrano nella categoria di opere specialistiche, riguardanti gli scavi archeologici e le attività strettamente connesse (prospezioni, carotaggi, saggi ecc.). Il soggetto che ha eseguito le indagini relative alla fase prodromica del procedimento di verifica preventiva, se in possesso dei requisiti di legge, può partecipare alla procedura di affidamento dei lavori di scavo. Il d.m. MiBACT 20 marzo 2009, n. 60, regolamenta la creazione e la tenuta dell’elenco degli istituti e dei dipartimenti archeologici universitari, nonché dei soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia. La tenuta e l’aggiornamento di detto elenco, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettera t), del d.P.C.M. n. 171/2014, sono curati dal MiBACT, Direzione generale Educazione e ricerca, che si raccorda con la Direzione generale Archeologia. Esso è accessibile ai soggetti abilitati tramite il sito: http://www.archeologiapreventiva.beniculturali.it
(per le istruzioni inerenti l’accesso e l’iscrizione si rimanda al sito della Direzione generale Educazione e ricerca).

10 Ai dipartimenti o agli istituti universitari devono afferire almeno tre docenti di ruolo (professore ordinario o associato o ricercatore confermato).
11 Conseguito con tesi di specializzazione o dottorato nelle discipline di cui al d.m. MiBACT 20 marzo 2009, n. 60.